Liberismo e real economique
La crisi del mercato ipotecario americano è seria, ma difficilmente si trasformerà in una crisi finanziaria generalizzata. Nel mondo l’economia continua a crescere rapidamente. (…) La crescita consente agli investitori di assorbire le perdite ed evita che il contagio si diffonda.
Francesco Giavazzi, 4 agosto 2007, “Corriere della Sera”
Francesco Giavazzi, 4 agosto 2007, “Corriere della Sera”
Finora non è accaduto nulla di catastrofico, né a mio parere accadrà.
Alberto Alesina, 07 Settembre 2007, Il Sole24Ore
È fin troppo facile ironizzare sulle analisi economiche dei professori Alesina (Harvard) e Giavazzi (Bocconi), editorialisti nelle principali testate nazionali. Si dovrebbe discutere, più seriamente, su quali siano le responsabilità del liberismo, pensiero economico dominante nell’ultimo ventennio. In questi giorni e nei prossimi mesi non ci sarà molto tempo.
Iniziata con i lontani subprime d’oltreoceano nell’estate 2007, dopo più di un anno, la crisi finanziaria sta ritorcendosi sull’economia reale italiana. Per contenerla è necessario capirne l' entità, distinguendo le cause congiunturali globali da quelle strutturali del nostro sistema economico.
Il centro studi Confindustria comunica che in febbraio la produzione nazionale è diminuita del 15% rispetto al gennaio 2008. I dati dell’INPS (4 febbraio) ci informano che in gennaio la cassa integrazione è aumentata del 334% (trecentotrentaquattro); mediamente 17,4 milioni di ore, con picchi nell’industria metallurgica (+719,08% rispetto a gennaio 2008) e meccanica (+586,50% rispetto a gennaio 2008). Terna, gestore della rete elettrica, rileva nel gennaio 2009 un pesante calo dei consumi di energia elettrica pari all’8,5% rispetto al gennaio 2008. Sempre nello stesso mese la Motorizzazione ha immatricolato il 32,6% di autovetture in meno dell’anno precedente.
Le piccole medie imprese sono le prime a vivere sulla propria pelle la crisi. “Prima bastava sapere che si lavorava per conto di qualche impresa solida ed un prestito per costruire un nuovo capannone si otteneva senza bisogno di troppe garanzie”, ci spiega un lavoratore del settore. “Oggi invece riceviamo un nuovo ordine, ci presentiamo in banca con la fattura del lavoro commissionato, e la banca non ci dà nemmeno i 30 mila euro che ci servono per poterlo avviare”.
Quella che è in atto è una crisi di liquidità – le banche non hanno fondi sufficienti da dare a prestito – ma anche una crisi di solvibilità – in uno stato di allarme le banche non sanno di chi fidarsi, non sanno valutare la rischiosità degli investimenti, rallentano il circolo monetario e aggravano la stagnazione economica. Senza prestito iniziale, la piccola impresa non riesce a costruire il nuovo macchinario, e senza questo macchinario, l’impresa committente non cresce. Farsi pagare al momento dell’ordine non è una proposta accettabile da parte del committente, incapace di stimare il flusso futuro degli ordini.
Davanti a questo colossale fallimento del mercato la parola “liberismo” passa in secondo piano; sui giornali non si parla più di meritocrazia o di necessari licenziamenti nell’amministrazione pubblica. Al contrario, si riscopre quanto l’occupazione, anche se nel settore privato, sia in realtà un bene pubblico da tutelare. Si riscopre il ruolo assistenzialista dello Stato.
In tempo di crisi il mercato privato chiede assistenza, necessita di incentivi ingenti, di iniezioni di liquidità. Queste misure sono necessarie nel breve periodo a contenere il contagioso collasso e a rilanciare il sistema, ma saranno sufficienti a tener lontano il giocatore dal tavolo da poker?
Nel fornire assistenza ai privati non bisognerebbe dimenticare che complice dell’attuale fallimento del mercato economico è lo Stato che, catturato da interessi privati, non ha saputo imporre regole e sistemi di vigilanza efficaci. Probabilmente non esiste una cura indolore, ma il processo di risanamento dovrà iniziare proprio da qui.
Iniziata con i lontani subprime d’oltreoceano nell’estate 2007, dopo più di un anno, la crisi finanziaria sta ritorcendosi sull’economia reale italiana. Per contenerla è necessario capirne l' entità, distinguendo le cause congiunturali globali da quelle strutturali del nostro sistema economico.
Il centro studi Confindustria comunica che in febbraio la produzione nazionale è diminuita del 15% rispetto al gennaio 2008. I dati dell’INPS (4 febbraio) ci informano che in gennaio la cassa integrazione è aumentata del 334% (trecentotrentaquattro); mediamente 17,4 milioni di ore, con picchi nell’industria metallurgica (+719,08% rispetto a gennaio 2008) e meccanica (+586,50% rispetto a gennaio 2008). Terna, gestore della rete elettrica, rileva nel gennaio 2009 un pesante calo dei consumi di energia elettrica pari all’8,5% rispetto al gennaio 2008. Sempre nello stesso mese la Motorizzazione ha immatricolato il 32,6% di autovetture in meno dell’anno precedente.
Le piccole medie imprese sono le prime a vivere sulla propria pelle la crisi. “Prima bastava sapere che si lavorava per conto di qualche impresa solida ed un prestito per costruire un nuovo capannone si otteneva senza bisogno di troppe garanzie”, ci spiega un lavoratore del settore. “Oggi invece riceviamo un nuovo ordine, ci presentiamo in banca con la fattura del lavoro commissionato, e la banca non ci dà nemmeno i 30 mila euro che ci servono per poterlo avviare”.
Quella che è in atto è una crisi di liquidità – le banche non hanno fondi sufficienti da dare a prestito – ma anche una crisi di solvibilità – in uno stato di allarme le banche non sanno di chi fidarsi, non sanno valutare la rischiosità degli investimenti, rallentano il circolo monetario e aggravano la stagnazione economica. Senza prestito iniziale, la piccola impresa non riesce a costruire il nuovo macchinario, e senza questo macchinario, l’impresa committente non cresce. Farsi pagare al momento dell’ordine non è una proposta accettabile da parte del committente, incapace di stimare il flusso futuro degli ordini.
Davanti a questo colossale fallimento del mercato la parola “liberismo” passa in secondo piano; sui giornali non si parla più di meritocrazia o di necessari licenziamenti nell’amministrazione pubblica. Al contrario, si riscopre quanto l’occupazione, anche se nel settore privato, sia in realtà un bene pubblico da tutelare. Si riscopre il ruolo assistenzialista dello Stato.
In tempo di crisi il mercato privato chiede assistenza, necessita di incentivi ingenti, di iniezioni di liquidità. Queste misure sono necessarie nel breve periodo a contenere il contagioso collasso e a rilanciare il sistema, ma saranno sufficienti a tener lontano il giocatore dal tavolo da poker?
Nel fornire assistenza ai privati non bisognerebbe dimenticare che complice dell’attuale fallimento del mercato economico è lo Stato che, catturato da interessi privati, non ha saputo imporre regole e sistemi di vigilanza efficaci. Probabilmente non esiste una cura indolore, ma il processo di risanamento dovrà iniziare proprio da qui.
rettifica:
i nuovi dati ufficiali confermano che in febbraio la cassa integrazione è aumentata 553,17% rispetto a Febbraio 2008.