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Scritto da nel Arte e Spettacolo, Numero 55 - 16 Febbraio 2009 | 8 commenti

Pitture di pubblico dominio: la fortuna del Muralismo messicano

Pitture di pubblico dominio: la fortuna del Muralismo messicano

La “trinità” pittura-muro-messaggio seduce da sempre l’immaginario collettivo. Trinità che, a partire da metrature superiori alle pareti di casa nostra, ci invita a sfogliare il Bignami del nostro subconscio alla ricerca delle intuizioni primitive che, come il minatore Ciàula di Pirandello, vagano nel sottosuolo buio della nostra mente. A Partire dalle pitture rupestri degli uomini delle caverne, la pittura murale ha sempre occupato uno spazio importante in tutti i “capitoli” della storia dell’arte. E tali realizzazioni, se ubicate in luoghi pubblici, sono sempre state motivate dall’intenzione di lanciare messaggi a tutta la collettività, senza distinzioni di classe. Senza distinzione di classe erano infatti concepiti gli affreschi medievali raffiguranti episodi del Nuovo e del Vecchio Testamento, dipinti nelle chiese per insegnare la Bibbia agli analfabeti. Senza distinzione di classe erano le effigi dei ricercati che, sempre nel medioevo venivano dipinte sulle facciate dei palazzi comunali affinché tutti i cittadini ne memorizzassero meglio i tratti, il vestiario e il crimine. E senza distinzione di classe erano, a maggior ragione, i dipinti murali (a secco o a fresco) concepiti a scopo propagandistico da regimi dispotici, primo fra tutti quello fascista, il quale costruì la sua estetica sul recupero del lessico figurativo giottesco in chiave statalista e monumentale, al punto di spingere Mario Sironi a redigere, nel 1933, il “Manifesto della pittura murale” [fig.1, Mario Sironi “Cavallo e cavaliere”, 1935].

Tuttavia, alla superficie muraria si preferì spesso la tela intonacata. In antitesi con la pittura murale di regime è invece il fenomeno del Muralismo messicano, il quale, a partire dal 1922, ha contagiato i muri di tutto il mondo, da Berlino a Los Angeles passando per Orgosolo [fig.2].

Il Muralismo messicano, almeno al principio, non è legato ad alcuna committenza di carattere propagandistico. E’ casomai l’espressione delle aspettative di un popolo riguardo il ruolo della politica nella società. L’assenza di una qualsiasi ingerenza partitica, ha dato a questa arte la possibilità di riflettere sul ruolo dell’arte, della cultura e delle tradizioni in maniera del tutto autonoma. I temi ricorrenti di questa riflessione sono la civiltà precolombiana e, naturalmente, la rivoluzione messicana del 1910, la quale, ancora negli anni Venti, garantiva un discreto fervore politico. Non bisogna infatti dimenticare che , una volta terminata la dittatura di Porfirio Dìaz, si giunse solo nel 1917 a promulgare una nuova costituzione; oltretutto gli scontri armati proseguirono fino alla fine degli anni Venti. A riprova del loro intento di misurarsi in un’arte collettiva, i muralisti collocavano le loro opere in luoghi pubblici di intenso passaggio: questo è l’unico comune denominatore di un movimento artistico che non ha sottoscritto nessun manifesto. Lo sviluppo del Muralismo messicano ha infatti seguito le tendenze caratteriali di ciascun artista, sia dal punto di vista ideologico che da quello delle tecniche artistiche. Queste ultime andavano dalla pittura a fresco, alla pittura a ustione (encausto), alla pittura a spruzzo (aerografo). Alfaro David Siqueiros, che introdusse appunto l’uso dell’aerografo, diede alla pittura murale la veste tecnologica che conosciamo oggi: la vernice per auto e le resine sintetiche a rapida essiccazione, resistenti agli agenti atmosferici, sono tutti accorgimenti di Siqueiros [fig.3, “Patriotti e parricidi”, 1945].


Insieme a Siqueiros, i maggiori rappresentanti di questa corrente sono Diego Rivera (noto per esserne il pioniere e per aver sposato due volte Frida Kahlo), Clemente Orozco e Rufino Tamayo. Il muralismo di Rivera, è improntato ad un linguaggio arcaizzante nella forma, nella tecnica e nel contenuto. Un’opera come “Il giorno dei Morti” [fig.4, 1923-24], ci da la misura di uno stile pittorico in dialogo con il nostro Trecento (Rivera visitò l’Italia durante il giovanile soggiorno parigino) aggiornato in chiave espressionista; del recupero di una stesura pittorica omogenea congeniale all’affresco; dei contenuti caratteristici di un popolo come quello messicano, popolo che, pur legando la maggior parte delle festività nazionali al calendario liturgico cattolico, non rinuncia ad evidenziare la presenza di elementi rituali di origine preispanica: è il caso del 2 novembre, il giorno dei Morti, occasione ideale per farsi tra l’altro un’idea del rapporto esorcizzante che i messicani hanno con la morte; già a fine ottobre, tutte le pasticcerie messicane abbondano di Calaveras, i dolci a forma di teschio di varie dimensioni e dai colori pastello.


 La storia del Muralismo messicano prosegue poi negli anni Cinquanta con Alfredo Zalce, Ràul Anguiano e Josè Chàvez Morado [fig.5, “La conquista dell’Energia”, Auditorio Alfonso Caso, 1952-53] solo per citarne alcuni.


Per tornare alla suddetta trinità pittura-muro-messaggio, possiamo aggiungere che quanto più il messaggio è aperto a varie interpretazioni, tanto più verrà rivestito di valenze simboliche a seconda del fruitore e sarà, perciò, atto ad entrare direttamente in relazione con il Ciàula che vaga dentro di noi. Ben diverso effetto sortirà invece laddove il messaggio è già stato vestito dall’inequivocabile pubblicità o propaganda. Un po’ quello che succede a Bologna quando ci soffermiamo qualche decina di secondi davanti a una pittura murale di Blu (www.blublu.org) per confrontare il nostro pessimismo col suo nichilismo, e quando, aspettando l’autobus, non ci accorgiamo neanche che, nel cartellone pubblicitario davanti a noi, la Conad promuove l’offerta della nostra birra preferita.

8 Commenti

  1. c'è progresso nella tecnica artistica? e nell'arte in sè??
    se la tecnica progredisce, l'arte ed il suo messaggio possono regredire? perchè a me Blu dà proprio questa sensazione..grande etcnica e manualità per esprimere niente..ma per te, Matteo, Blu è investito da Pubblicità o propaganda, o siamo noi spettatori le vittime in questione??
    perchè la'rengo non incontra Blu?

  2. Caro Anonimo
    Le mie amarezze sono croniche
    Nel constatar le sorti ironiche
    Che alle mie tesi pur laconiche
    (Lungi dall'essere massoniche!)
    Serban le tue letture equivoche
    Atte a fraintender le semantiche.

  3. Matteo,
    io non ho frainteso, non ho proprio capito,c he è diverso, nella precedente domanda ti chiedevo se dal tuo testo avremmo dovuto dedurre che Blu è investito da Pubblciità o propaganda o se piuttosto sono gli spettatori ad esserlo..dal tuo testo non si capisce chi sia il soggetto della frase..
    ritorno sul punto…qual è il messaggio di Blu, oltre al suo facile e poco originale nichilismo, che se vogliamo dirla tutta, è pure anacronistico..e da quale pubblicità o proaganda è investito

  4. Si capisce eccome, comunque mi spiegherò meglio (spero!!)…
    L'inequivocabile pubblicità o propaganda investe del suo messaggio il cartellone della Conad o Esselunga o altro; e tutto quello che si fa carico di un messaggio politico (murales di Orgosolo inclusi).
    Il messaggio di Rivera, Orozco, Tamayo ecc., nonché di Blu invece, al di là dell'obsolescenza dei contenuti, te lo puoi investire da te, col tuo Ciàula pirandelliano (che ho usato come metafora dell'intuito archetipico).
    Hai capito Marta?
    Un caro saluto.
    Matteo

  5. beh Marta, ora sì che si capisce…fate però attenzione, non vorrei mai che, fermi alla fermata dell'autobus, e intenti a investire di chissà quale messaggio i murales di blu (a me viene il dubbio che il messaggio non ci sia proprio) non sia piuttosto l'autobus ateo ad investire voi..forse che sia quindi meglio porre attenzione alle cose che hanno un vero significato (il frontale con l'autobus) che cercare un significato nelle cose che no ce l'hanno (il murales)??

  6. Stefano, tendo a fidarmi degli atei, specialmente se sono autobus ma ora vedrò di fare attenzione!
    Matteo, io avevo capito quale fosse il “soggetto”, se può consolarti…

  7. Grazie Elena, è bello sapere che qualcuno parla la mia lingua in questa Babele grammaticale!!!

  8. Non c'è di che, Mi pare il minimo vivendo nello stesso paese…! Ovviamente potremmo divertirci a considerare quanto sia complicato esprimersi nel modo più efficace ma forse non ci si capirebbe!

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