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Scritto da nel Internazionale, Numero 54 - 1 Febbraio 2009 | 0 commenti

Iran: 30 anni di rivoluzione

La fuga in Egitto dello scià Reza Pahlavi il 16 gennaio 1979, segna la fine della millenaria monarchia persiana e dà inizio alla rivoluzione che, negli anni a seguire, avrebbe contagiato il mondo islamico. Sotto la guida dell'ayatollah Khomeini, tornato in patria il 31 gennaio dello stesso anno dall'esilio parigino, nasce così la Repubblica Islamica (primo aprile).
La caduta dello scià rappresenta una svolta epocale per tutta l'area mediorientale: la prima grande vittoria dell'integralismo islamico.
Il nuovo stato teocratico si basa inizialmente su un'apparente democrazia, in contrapposizione agli ultimi anni del regime di Palavi che aveva condotto il paese verso una forte modernizzazione di tipo occidentale, facendo però annegare lo stato nella
corruzione e nell'ingiustizia sociale, autocelebrando il potere della propria monarchia in modo autoritario e concedendo ampi poteri a esercito e forze di polizia. Attraverso il temutissimo SAVAK, veniva portata avanti una efferata repressione del dissenso, che raggiungeva l'apice con la messa al bando di tutti i partiti politici nel 1975. Si aggiungeva una politica economica eccessivamente favorevole agli amici occidentali, con uno sfruttamento delle risorse non condiviso dalla popolazione. L'unica organizzazione capace di mobilitare la coscienza del paese si rivelava essere il clero sciita del carismatico Khomeini, che riusciva ad unire sotto di sé tutte le anime avverse al regime: fedayyin marxisti, mujaheddin, sinistra islamica, liberali, laici nazionalisti. Messo all'angolo da manifestazioni e sommosse in tutto il paese, lo scià è infine costretto a fuggire.

La nuova Repubblica cresce però nel segno della repressione: il fondamentalismo porta al bando di alcol, divorzio, prostituzione e gioco d'azzardo; ogni opposizione politica di tipo laico viene soppressa (compresi i vecchi alleati); l'ayatollah incita ad una rivoluzione del mondo islamico contro il Grande Satana occidentale e i suoi costumi perversi. Ai canonici organi elettivi viene affiancato il Consiglio dei Saggi, con a capo una Guida Suprema, e il corpo dei Pasdaran guardiani della rivoluzione. Dal punto di vista economico si porta avanti una sorta di socialismo islamico attraverso nazionalizzazioni e controllo diretto del clero sull'economia.
L'obiettivo di esportare la rivoluzione islamica nei paesi limitrofi non viene però raggiunto; si diffonde comunque il fondamentalismo che, cavalcando la jihad, si scaglia contro Occidente, paesi arabi moderati e soprattutto Israele, attraverso molteplici e diffusi gruppi terroristici.
La Rivoluzione rappresenta un grave problema soprattutto per gli Stati Uniti che perdono ogni privilegio nello sfruttamento dei giacimenti petroliferi, oltre alla minaccia di una destabilizzazione dell'intera area. Ma la soluzione al problema viene presto trovata: Saddam Hussein. Il regime iracheno, mosso dall'ambizioso progetto dell'unità panaraba, dichiara guerra all'Iran rivoluzionario (1980); l'Occidente, con l'Unione Sovietica e la doppiogiochista Cina, coglie la palla al balzo e rifornisce l'amico Saddam di nuovi armamenti, intelligence e sostegno politico. Ha inizio una guerra sanguinosa che cessa nel 1988 con un niente di fatto e oltre un milione di vittime.
Nel 1989 Khomeini muore e lascia il suo sogno nelle mani di Alì Khamenei, attuale Guida Suprema.

Nella seconda metà degli Anni Novanta l'impulso dato dai movimenti studenteschi, avversi alle limitazioni delle libertà ed incuriositi dai costumi e stili di vita occidentali, porta Mohammed Khatami alla presidenza del paese fino al 2005. Si apre una stagione di grandi riforme: più democrazia e più tolleranza politica, liberalizzazioni e, soprattutto, una nuova fase nei rapporti con l'estero. Si instaurano relazioni più distese con l'Occidente, in particolare con l'Europa, lasciando in secondo piano il tema dello scontro tra civiltà; permane tuttavia cautela e diffidenza nei confronti degli Stati Uniti. Una simile azione riformista porta ovviamente a continui attriti tra Governo e Consiglio dei Guardiani, quest'ultimo in mano al clero conservatore. Lo scontro vede infine uscire sconfitto Khatami, le cui politiche vengono di volta in volta ridimensionate dal Consiglio, e il suo elettorato, deluso, lo abbandona. Si riconosce comunque a Khatami il merito d'essere stato un grande fautore del dialogo tra culture, tanto da essere nominato da Kofi Annan membro dell'Alliance of Civilizations delle Nazioni Unite nel 2005.

La vittoria di Ahmadinejad nel 2005, conseguita non in modo limpido anche grazie all'astensione dei riformisti delusi, segna una rottura con l'amministrazione precedente: sotto l'amorevole guida dell'ayatollah Khamenei, attento custode del potere del clero, il nuovo presidente è intenzionato ad affermare il paese come potenza egemone dell'area, rinnova la politica anti-occidentale con un inasprimento nelle relazioni internazionali. Intanto, l'arcinemico Saddam Hussein è rovesciato lasciando l'Iraq nell'anarchia, terreno fertile per lo stesso Iran.
La storia della rivoluzione si fonde quindi con la cronaca attuale, tra violenti attacchi contro Israele ed ambizioni nucleari.

La Rivoluzione iraniana è stata contraddistinta in questi trenta anni da un conflitto più o meno latente tra laicismo e tradizione religiosa, uno strapotere del clero che ha generato una democrazia monca.
Nel 1979 il popolo iraniano, mosso da grandi speranze, scacciò lo scià affidandosi alla guida degli ayatollah: il sogno di un paese libero e democratico non si è però avverato.

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