Pages Menu
RssFacebook
Categories Menu

Scritto da nel Media e Cultura, Numero 54 - 1 Febbraio 2009 | 0 commenti

Benedetto Obama, il Vaticano e la libertà d'arbitrio

 
 
 
Le malelingue affermano che, a due settimane dal giuramento del 20 gennaio, Obama abbia già fatto più di quanto il Governo Prodi sia riuscito a realizzare in due anni di battibecchi. L’approvazione del maxi-pacchetto da 825 miliardi di dollari per rilanciare l’economia statunitense; l’ordine di chiusura di Guantanamo; la proposta di nuovi standard di efficienza nel consumo delle auto; e poi l’apertura al mondo islamico. Un’intuizione mediatica capace di far invidia perfino al nostro Presidente, timoroso, per la prima volta, di perdere il primato di “politico unto dal Signore”. Sì perché, con l’intervista rilasciata ad Al Arabyia, impariamo che Barack in arabo significa proprio “Benedetto"
Quelle del Presidente Benedetto Obama sembrano parole estranee alla politica estera americana del dopo 11 Settembre, invitano ad un dialogo fondato su una language of respect, sull’ascolto e non sul comando. Parole sante, quelle del nuovo Messia della Politica, appellativo a cui Benedetto Obama avrebbe potuto ambire, se non fosse stato per quel sasso infilato di traverso nelle scarpe del Vaticano.

La rimozione del divieto di finanziamenti ad associazioni internazionali che assistono pratiche abortive nei paesi in via di sviluppo è stata una scelta non gradita alla Chiesa Cattolica. E neppure quella di riaprire la spesa federale alla ricerca sulle cellule staminali.
Davanti al duplice affronto, nasce il primo contenzioso tra Benedetto Obama e Benedetto XVI, il quale sembra ricordarci che in materia di comunicazione la millenaria Santa Chiesa non ha mai avuto niente da imparare da nessuno.


Dopo aver aperto un canale preferenziale su YouTube, con cui il Vaticano potrà comunicare direttamente con i fedeli, sulla rete compare un video firmato CatholicVote.org.
" alt="" />
This child's future is a broken home
he will be abandoned by his father
his single mother will struggle to raise him
despite the hardships he will endure
this child
will become
The first African American President


Il video ripercorre in 40 secondi la ipotetica storia di un Obama ancora embrione: sarà abbandonato dal padre, cresciuto da una madre sola, ma, nonostante tutto, diventerà il primo presidente nero d’America. Se fosse stato per gli abortisti che oggi finanzi – il video lascia ad intendere – tua madre probabilmente ti avrebbe abortito, e gli States oggi non avrebbero il loro presidente.

Al di là delle allusioni poco eleganti, il video fondamentalista lancia un messaggio vero: il futuro non è  scritto, e le opportunità possono presentarsi anche davanti a chi apparentemente non ne ha.
Questo il motivo per cui il potere e la politica dovrebbero astenersi dal decidere a priori su questioni individuali come la vita. Ce lo ricorda involontariamente Monsignor Rino Fisichella, presidente della Pontificia Accademia per la vita, che, in un'intervista al Corriere, critica Benedetto Obama e «l'arroganza di chi, avendo il potere, pensa di poter decidere della vita e della morte».

I rischi nel demandare la decisione sulla vita alla politica sono evidenti. Nell’Arengo abbiamo già descritto le conclusioni di uno studio di Steven Levitt, giovane economista americano secondo cui la causa della diminuzione della criminalità nell’America degli anni’ 90 è stata la legge sull’aborto approvata vent’anni addietro. I figli abortiti, ci spiega Levitt, sarebbero cresciuti in condizioni disagiate, senza affetto, senza una famiglia alle spalle o senza possibilità economiche, e con buona probabilità a vent’anni sarebbero divenuti dei giovani delinquenti. Grazie all’aborto questi potenziali criminali non sono mai nati, ragione per cui il tasso di criminalità negli States è iniziato a calare.


Ma quali sono le raccomandazioni politiche che fanno seguito a questa analisi? Forse che per ridurre la delinquenza bisognerebbe applicare l’aborto forzato a tutte le classi sociali meno abbienti? Levitt si guarda bene dall’affermare una cosa del genere, non spingendosi oltre l’analisi della realtà e senza preoccuparsi del rischio che le sue conclusioni possano finire nelle mani sbagliate. Ad esempio nelle mani di chi, fautore del darwinismo sociale, potrebbe trovare un facile supporto analitico alle proprie idee razziste.


Il fatto che l’aborto sia considerato oggetto di dibattito pubblico e che siano i partiti o le comunità religiose ad esprimersi sulla desiderabilità di questa pratica è segnale di un’ingombrante invadenza sociale in una sfera che riguarda l’individuo e la sua libertà decisionale.

Oggi si vuole negare la libertà di poter abortire, domani, nello steso ambito decisionale, si potrebbe negare la libertà di partorire, come nella Cina del controllo demografico.

Il monsignor Fisichella si sbaglia, Benedetto Obama non ha mai espresso la volontà di decidere della vita o della morte né ha mai invitato nessuna donna ad abortire; è il Vaticano a prescrivere una indicazione precisa su cosa si possa e cosa non si possa fare, mentre con la sua decisione Benedetto Obama altro non fa che favorire le condizioni sociali affinchè le donne siano effettivamente libere di scegliere autonomamente.  

Non Benedetto XVI, ma Benedetto Obama, vero difensore della libertà d’arbitrio.

Scrivi un commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>