Microcredito: sarà rivoluzione anche in Occidente?
Il successo del microcredito resta ancora sul piano culturale e non riesce ancora ad esprimere appieno le sue potenzialità economiche sul territorio. Sia come strumento di inclusione sociale concedendo prestiti alle fasce meno abbienti per evitare una spirale di indebitamento e di usura con costi sociali elevatissimi per tutto il paese, che come motore di sviluppo economico locale consentendo la realizzazione di validi progetti di microimprenditoria non finanziati dal mondo bancario.
Attraversiamo un momento storico in cui l'uso della parola “diritti” è spesso inflazionato. Non si insiste, invece, sul diritto di accedere al credito e per sopperire alla sua carenza si ricorre all'elemosina. Già sul finire del XIV secolo i francescani, economisti ante litteram, sostenevano che “l'elemosina aiuta a sopravvivere, ma non a vivere, perché vivere è produrre e l'elemosina non aiuta a produrre”. Diffusamente, ancora oggi, si crede che l'elemosina possa essere comunque un aiuto – la social card da 400 euro per le fasce meno abbienti contenuta nella manovra economica del governo è figlia di questa matrice filantropica e compassionevole all'americana -, ma le forme di assistenzialismo o paternalismo umiliano le persone indigenti poiché vogliono essere messi nelle condizioni di uscire autonomamente dalla soglia della povertà. Quindi se c'è una categoria della popolazione che necessita di servizi finanziari è proprio quella dei più poveri, eppure il sistema bancario tradizionale non concede loro dei crediti a causa dell'assenza di garanzie materiali. Mentre ieri il povero era chi non poteva accedere a livelli decenti di consumo, oggi è soprattutto chi viene lasciato fuori dai circuiti di produzione della ricchezza, cioè chi viene costretto all'irrilevanza economica. Il mondo del microcredito ha lo scopo di concedere dei piccoli prestiti a persone “non bancabili”, le quali sono portatrici di idee interessanti o intendono realizzare piccoli progetti industrialmente credibili o hanno l'obiettivo di consolidare attività già esistenti, ma non dispongono di collaterale come garanzie reali e vengono escluse dal circuito dei finanziamenti bancari. L'aspetto innovativo del microcredito è che esso si distingue dal credito tradizionale poiché i prestiti non sono erogati sulla base di garanzie materiali, ma di relazioni e fiducia. Il moderno microcredito sta consentendo l'accesso al credito a più di cento milioni di persone al di sotto della soglia di povertà, trascurate dalle banche, e sta promuovendo un'azione di sviluppo economico e pari opportunità che va oltre l'approccio della filantropia e della donazione, attraverso interventi che sollecitano il ricevente ad una controprestazione che ne promuove dignità, responsabilità ed inclusione.
Che la battaglia per assicurare questo tipo di accesso al credito non è solo civile, ma anche economica – in un unico pensiero, civilizzazione dell'economia di mercato – è testimonianza un gruppo di studenti della Facoltà di Economia di Bologna che hanno deciso di fondare un'associazione per lo sviluppo della microfinanza sul territorio di Bologna e Provincia, con il prezioso aiuto di alcuni docenti e imprenditori. L'associazione “micro.Bo” si è costituita il 14 settembre del 2004 a seguito della visita all'Università di Bologna del Prof. Muhammad Yunus, l'economista originario del Bangladesh che ha ideato il sistema del microcredito attraverso l'istituzione della Grameen Bank. Muhammad Yunus, detto il “banchiere dei poveri”, ha ricevuto il prestigioso Premio Nobel per la Pace 2006 per aver dato dignità e speranza a milioni di poveri e “micro.Bo” ha l'onore di averlo come Presidente Onorario. Il primo prestito erogato da “micro.Bo” risale al 22 giugno del 2005 e oggi può contare su 120 prestiti concessi individualmente per la creazione di microimprese, per un importo medio di circa 5.750 euro. I prestiti sono erogati da Banca di Bologna, convenzionate con “micro.Bo”, a fronte di un fondo di garanzia che è stato creato presso la Banca grazie al supporto di molti imprenditori locali. Le persone beneficiarie sono principalmente ragazze madri, immigrati, lavoratori precari e quelli usciti da aziende in crisi. Il tasso di interesse praticato sui prestiti è leggermente superiore a quello di un normale mutuo, 8% su base annua e il tasso di insolvenza è del 17%. Quest'ultimo dato è di gran lunga superiore al 5-6% medio fatto registrare nelle principali istituzioni di microfinanza europee, ma risente di una fase di sperimentazione e della scelta iniziale inadeguata di concedere prestiti a gruppi di persone. Se alle persone viene concesso un prestito per offrire l'opportunità di sviluppare le proprie capacità e diventare economicamente indipendenti, l'associazione bolognese non solo concede piccoli crediti alle microimprese, ma le accompagna in un percorso di crescita per transitare verso il sistema bancario tradizionale.
Attraversiamo un momento storico in cui l'uso della parola “diritti” è spesso inflazionato. Non si insiste, invece, sul diritto di accedere al credito e per sopperire alla sua carenza si ricorre all'elemosina. Già sul finire del XIV secolo i francescani, economisti ante litteram, sostenevano che “l'elemosina aiuta a sopravvivere, ma non a vivere, perché vivere è produrre e l'elemosina non aiuta a produrre”. Diffusamente, ancora oggi, si crede che l'elemosina possa essere comunque un aiuto – la social card da 400 euro per le fasce meno abbienti contenuta nella manovra economica del governo è figlia di questa matrice filantropica e compassionevole all'americana -, ma le forme di assistenzialismo o paternalismo umiliano le persone indigenti poiché vogliono essere messi nelle condizioni di uscire autonomamente dalla soglia della povertà. Quindi se c'è una categoria della popolazione che necessita di servizi finanziari è proprio quella dei più poveri, eppure il sistema bancario tradizionale non concede loro dei crediti a causa dell'assenza di garanzie materiali. Mentre ieri il povero era chi non poteva accedere a livelli decenti di consumo, oggi è soprattutto chi viene lasciato fuori dai circuiti di produzione della ricchezza, cioè chi viene costretto all'irrilevanza economica. Il mondo del microcredito ha lo scopo di concedere dei piccoli prestiti a persone “non bancabili”, le quali sono portatrici di idee interessanti o intendono realizzare piccoli progetti industrialmente credibili o hanno l'obiettivo di consolidare attività già esistenti, ma non dispongono di collaterale come garanzie reali e vengono escluse dal circuito dei finanziamenti bancari. L'aspetto innovativo del microcredito è che esso si distingue dal credito tradizionale poiché i prestiti non sono erogati sulla base di garanzie materiali, ma di relazioni e fiducia. Il moderno microcredito sta consentendo l'accesso al credito a più di cento milioni di persone al di sotto della soglia di povertà, trascurate dalle banche, e sta promuovendo un'azione di sviluppo economico e pari opportunità che va oltre l'approccio della filantropia e della donazione, attraverso interventi che sollecitano il ricevente ad una controprestazione che ne promuove dignità, responsabilità ed inclusione.
Che la battaglia per assicurare questo tipo di accesso al credito non è solo civile, ma anche economica – in un unico pensiero, civilizzazione dell'economia di mercato – è testimonianza un gruppo di studenti della Facoltà di Economia di Bologna che hanno deciso di fondare un'associazione per lo sviluppo della microfinanza sul territorio di Bologna e Provincia, con il prezioso aiuto di alcuni docenti e imprenditori. L'associazione “micro.Bo” si è costituita il 14 settembre del 2004 a seguito della visita all'Università di Bologna del Prof. Muhammad Yunus, l'economista originario del Bangladesh che ha ideato il sistema del microcredito attraverso l'istituzione della Grameen Bank. Muhammad Yunus, detto il “banchiere dei poveri”, ha ricevuto il prestigioso Premio Nobel per la Pace 2006 per aver dato dignità e speranza a milioni di poveri e “micro.Bo” ha l'onore di averlo come Presidente Onorario. Il primo prestito erogato da “micro.Bo” risale al 22 giugno del 2005 e oggi può contare su 120 prestiti concessi individualmente per la creazione di microimprese, per un importo medio di circa 5.750 euro. I prestiti sono erogati da Banca di Bologna, convenzionate con “micro.Bo”, a fronte di un fondo di garanzia che è stato creato presso la Banca grazie al supporto di molti imprenditori locali. Le persone beneficiarie sono principalmente ragazze madri, immigrati, lavoratori precari e quelli usciti da aziende in crisi. Il tasso di interesse praticato sui prestiti è leggermente superiore a quello di un normale mutuo, 8% su base annua e il tasso di insolvenza è del 17%. Quest'ultimo dato è di gran lunga superiore al 5-6% medio fatto registrare nelle principali istituzioni di microfinanza europee, ma risente di una fase di sperimentazione e della scelta iniziale inadeguata di concedere prestiti a gruppi di persone. Se alle persone viene concesso un prestito per offrire l'opportunità di sviluppare le proprie capacità e diventare economicamente indipendenti, l'associazione bolognese non solo concede piccoli crediti alle microimprese, ma le accompagna in un percorso di crescita per transitare verso il sistema bancario tradizionale.