Classi ponte
Passa l'emendamento della Lega sulle classi-ponte per studenti stranieri.
“Non parli italiano? Vai in una classe diversa”
“D'accordo, ma dove li prendiamo gli insegnanti?”
“Insegnanti?!”
La proposta dell'On. Cota ha suscitato indignate reazioni da più parti, da ultima quella dell'Osservatore Romano che ha bollato la mozione come “razziale” e che rischia di far “scivolare la scuola verso la segregazione e la discriminazione”.
- “il rispetto della legge del paese accogliente” (i bambini italiani hanno forse conoscenza innata su Codice civile, penale, Costituzione, ecc…?);
- “il rispetto di tradizioni territoriali e regionali del paese accogliente” (tutti i bambini italiani di 6 anni, ancor prima di iniziare la scuola, conoscono la suddivisione amministrativa del paese in cui vivono?);
- “il rispetto per la diversità morale e cultura religiosa del paese accogliente” (si vorrebbe forse imporre l'insegnamento della religione cattolica? I bambini italiani di religione ebraica dovranno dunque frequentare un anno ponte?);
- la lingua italiana (qui mi vorrei soffermare).
Non conoscere la lingua del paese in cui si vive è senza dubbio l'ostacolo maggiore lungo il cammino che porta all'integrazione. Un bimbo figlio di immigrati stranieri ha difficoltà nel socializzare con i compagni e soprattutto nel seguire le normali lezioni, questo è vero. Ma mi chiedo: parla/comprende meglio l'Italiano un figlio di immigrati cingalesi di 6 anni o un suo coetaneo di Ratschings (BZ)? Un bimbo cinese di Prato o uno italiano di Bari Vecchia? Uno di origine rumena o uno nato e cresciuto nei Quartieri spagnoli a Napoli?
Ci può dare una parziale risposta uno studio dell'ISTAT del 2007: “La lingua italiana, i dialetti e le lingue straniere” .
L'evidenza è che molti Italiani sono bilingue, e l'italiano, sia ben chiaro, è la seconda lingua! “Le persone che parlano prevalentemente italiano in famiglia rappresentano nel 2006 il 45,5% della popolazione di sei anni e più (25 milioni 51mila). La quota aumenta nelle relazioni con gli amici (48,9%) e in maniera più consistente nei rapporti con gli estranei (72,8%). È significativo l'uso misto di italiano e dialetto nei tre contesti relazionali considerati: in famiglia parla sia italiano sia dialetto il 32,5% delle persone di 6 anni e più, con gli amici il 32,8% e con gli estranei il 19%”. Ma ciò che ci interessa maggiormente è l' uso esclusivo del dialetto nei differenti contesti: in famiglia il 16% della popolazione, tra amici 13,2%, con gli estranei il 5,4%. Proprio quest'ultimo dato è il più significativo: nella Provincia autonoma di Trento il 6,3% della popolazione parla solo o prevalentemente dialetto con gli estranei, in Veneto il 15,7%, in Campania il 10,0%, in Calabria il 9,7%, in Sicilia il 9,8%, in Basilicata il 10,2%. Superfluo a questo punto dire che molti piccoli italiani in età pre-scolare partono dallo stesso livello linguistico degli stranieri, ovvero debuttano a scuola senza sapere l'italiano.
I primi ad imparare la lingua italiana a scuola sono anche e soprattutto i bambini nati nello Stivale ed italiani da generazioni, non solo i figli di immigrati. Introdotte le classi ponte, sarebbe quindi opportuno e giusto estenderle eventualmente anche ai figli di italiani. Per questo ed altri motivi ghettizzare gli stranieri “fa scivolare la scuola verso la segregazione e la discriminazione”.
La scuola è senza dubbio lo strumento più potente di integrazione sociale e culturale: l'integrazione avviene attraverso la socializzazione, lo studio di usi, costumi e tradizioni locali e soprattutto attraverso lo studio della lingua. Tutti insieme.
Grazie per aver sottolineato l'importanza dei dialetti nel processo comunicativo……è un'apertura al dialogo in un momento di Grandi Silenzi!
Complimenti!
http://www.repubblica.it/2008/11/sezioni/scuola_e_universita/servizi/scuola-2009-7/linguisti-contro/linguisti-contro.html