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Scritto da nel Internazionale, Numero 45 - 1 Settembre 2008 | 2 commenti

Legalità internazionale, questa sconosciuta

L'attuale situazione della Georgia pone qualche interrogativo a chi, come noi, giovane e di buoni studi occidentali, si sia per anni arrovellato il cervello cercando di capire che cosa significhi diritto internazionale, come questo possa integrarsi con la sovranità statale in epoca di globalizzazione e tutelare le minoranze rinchiuse nei confini degli Stati nazionali, quanto sia giusto e possibile esportare la democrazia e la giustizia, quella del Tribunale penale per crimini di guerra.

In realtà la sintesi è più semplice del previsto: l'Italia, le sue strutture militari, diplomatiche e informative, sono filo-americane, Paese al quale siamo legati dall'Alleanza Atlantica, e le domande del primo paragrafo riguardano le intellighenzie al seguito dei potenti del proprio Paese.

Il caso della Georgia è esemplare perchè, pur nelle dovute differenze storiche, politiche e geografiche, è speculare a quello del Kosovo.

Sintetizziamo con ordine: la Serbia aveva avviato una campagna militare contro la popolazione albanese del Kosovo, la Nato è intervenuta e bombardando Belgrado ha costretto lo Stato sovrano serbo ad arrendersi e a perdere il controllo della provincia secessionista. Nel nome dei diritti di una minoranza si è violata la sovranità e l'integrità territoriale nazionale, il Presidente della Serbia è stato processato dal Tribunale internazionale.
La Georgia ha attaccato l'Ossezia del Sud, popolazione a maggioranza osseta e filo-russa, per ristabilire il proprio controllo sulla regione: la Russia, per difendere la propria minoranza, ha inviato le proprie truppe e attaccato la Georgia bombardando Tbilisi e occupando Gori.

Non seguiamo i telegiornali russi, ma capiamo come tale campagna possa venire giustificata con le stesse argomentazioni che noi abbiamo sentito quando i nostri aerei NATO colpivano la Serbia: non è un caso che durante le operazioni militari sia cresciuta la popolarità dell'ancora semisconosciuto Presidente Medvedev. Le ragioni russe sono rafforzate dal fatto che dal 2004 la Georgia si caratterizza per la politica della presidenza Saakashvili che ha ridotto gli spazi di libertà delle minoranza nel Paese, rispetto a quanto fosse nell'URSS, tra gli altri nel campo dell'istruzione e del bilinguismo.

Mentre le recriminazioni russe durante la guerra alla Serbia sono state lette dalla nostra informazione come l'interferenza dell'oppressore a fianco del despota, adesso gli Stati Uniti difendono l'integrità territoriale della Georgia. Perché? Semplicemente per tutelare i propri interessi militari, e quindi economici e geopolitici, che hanno visto nella dissoluzione dell'URSS l'occasione di inserirsi in un'area mondiale ricca di risorse energetiche.
Dunque la domanda è perché i russi dovrebbero ritirarsi: per lasciare campo libero agli americani? Perché dovrebbero accettare una forza d'interposizione multinazionale, quando nei confronti delle regioni dell'Ossezia e dell'Abhkazia non viene stabilito con reciprocità il principio dell'autodeterminazione? Mentre gli Stati Uniti installano missili in Polonia, che cosa diremmo se i russi stabilissero armamenti a Cuba? Le dichiarazioni dei repubblicani americani, intenti a raccimolare voti per scalzare la leadership moderata e progressista di Obama, stanno rischiando di precipitare il mondo verso una nuova escalation di dichiarazioni di guerra. E forse, a pensar male, la spiegazione del perchè Saakashvili – di formazione statunitense – abbia scelto di precipitare la situazione può trovarsi proprio nel momento della politica interna americana e non nella propria imprudenza.

La posizione dell'Europa, vicina geograficamente alla Russia ed alle regioni del Caucaso e alleata con gli Stati Uniti, può perseguire una linea di multilateralismo e di ricerca di equilibri mondiali fondati sui principi di democrazia, pace e libertà esercitando un ruolo in grado di coinvolgere oggi russi e americani, domani israeliani e palestinesi, dopodomani cinesi e indiani. La domanda è se, oltre a rendercene conto ed averne voglia, noi europei siamo in grado di farlo.

2 Commenti

  1. Non condivido pienamente il parallelo tra quanto è successo e sta succedendo in Georgia e ciò che successe in Serbia, per varie motivazioni:

    - In Kosovo nella seconda metà degli anni 90 era in atto un genocidio. Atto di livello Internazionale che chiama in causa il relatico diritto

    -L'intervento della NATO è avvenuto solo in un secondo momento, quando l'azione dell'ONU attraverso i sui caschi blu ha dimostrato la sua palese inefficacia, e si è richiesto per deroga un intervento armato alla NATO.

    -Inoltre la situazione dell'Ossezia del Sud prima del'intervento militare non era la stessa del Kosovo, di fatto il Kosovo era parte integrante della Serbia, mentre l'Ossezia del Sus era una “provincia autonoma provvisoria” della Gerorgia, ma autoproclamatasi de facto Repubblica Indipendente e riconsciuta dalla Russia e altri paesi.

    Mi sembra comunque di capire da quanto scrivi, e condivido, che parte della responsabilità di quanto avvenuto sia dell'Occidente, Europa e USA, che hanno teso una mano alla Georgia per poi ritirarla subito dopo una stretta di mano un po' troppo forte di Saakashvili.

    Cosidero affrettata e smisurata anche la reazione della Russia che, nonostante credo che fosse abbastanza legittimo come intervento, si è ritrovata isolata sul piano internazionale, compromettendo una area geopolitica decisiva e delicata per i suoi piani (e per i nostri) ed ha prolungato la sua permanenza in Georgia senza giustificazione e senza un piano ben delineato.

  2. Evviva bentornati i commenti dopo le vacanze.

    Ho scritto che 'Il caso della Georgia è esemplare perchè, pur nelle dovute differenze storiche, politiche e geografiche, è speculare a quello del Kosovo'. Per punti:
    - In Kosovo era in atto un genocidio, che l'ONU non è stata in grado di fermare per via dei suoi limiti che conosciamo, allora la NATO è intervenuta secondo me GIUSTAMENTE MA CON RITARDO. La differenza è che la Russia ha reagito ad un'aggressione GIUSTAMENTE E SUBITO.
    -nella mia ignoranza credo che storicamente siano maggiori le ragioni dell'indipendenza di Abkhazia e Ossezia (già indipendenti) che quelle del Kosovo, ma non sono in grado di approfondire tale tesi che lascio come spunto e che mi pare condividiamo.

    Credo onestamente che la reazione russa, pur essendo stata di guerra e quindi condannabile essendo io un sostenitore della pace, non possa definirsi sproporzionata rispetto a quella americana in Serbia, maggiormente prolungata e violenta.

    La Russia si sta difendendo da una politica NATO che continua ad essere aggressiva nei suoi confronti, che vuole annettere i Paesi del CSI e dello spazio ex sovietico ritenendo addirittura che se la Russia esercitasse le proprie prerogative derivanti dai trattati con i paesi ex URSS (come ha in effetti fatto esercitando in questo caso le proprie ragioni di peace-keeping) avrebbe diritto di intervenire militarmente.

    Credo che si debba ripensare il ruolo mondiale della Nato, e mi auguro che siano gli stessi americani a farlo dopo le prossime elezioni presidenziali.

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