Bologna 2009: contro la visione del
Nella meccanica elettorale, tuttavia, è necessario far contare i nomi: prima di tutto, quello del Sindaco. Nel 2004 la proposta politica arrivò con forza trainante a partire dall'alto, da candidati carismatici che impersonavano, e in fin dei conti imponevano, a destra come a sinistra, opposte visioni della città e dei progetti futuri. Guazzaloca, l'uomo della liberazione della bolognesità dalla sola connotazione progressista a vantaggio delle tradizioni più popolari, tutto Camera di Commercio e sicurezze statiche; Cofferati, il messia della Bologna riformista e inclusiva, internazionalista e mirabolante. Due elementi in comune, affatto casuali: la personalità universalmente riconosciuta nel proprio campo dietro alla quale saldare progetti politici compiuti; l'estraneità – per certi tratti, quasi aperta ostilità – alle strutture di partito locali, portatrici sane di frazionismo.
Nel 2009 gli idoli sono caduti. Quei nomi si sono sgonfiati, in uno scenario di profonda disillusione verso entrambi i vecchi paladini. Da una parte, il Sindaco Cofferati ha dimostrato un'imbarazzante inconsistenza di identificazione popolare rispetto al candidato Cofferati: lo sperperamento del sorprendente slancio ideale e partecipatorio coagulato dai bolognesi attorno alla sua persona appare decisamente più colpevole di ogni risultato effettivamente rivendicabile dalla sua Amministrazione. Dall'altra, il bolognese Guazzaloca – punto nell'orgoglio dalla (per lui) immeritata sconfitta del 2004 – deve giustificare l'atteggiamento infantile dell'abbandono della vita politica bolognese durante questi anni per rincorrere il posto di lavoro gentilmente offerto dall'amico Casini a Roma, come Garante di non sa ancora nemmeno lui cosa. Classico privilegio di casta, altro che “amore per la città”.
Le prospettive di riconferma per il 2009 dello scontro obbligato tra i due vecchi contendenti – frutto dell'insipienza dei rispettivi campi politici nel permettere l'emersione di personalità credibilmente alternative – rischiano di porre i bolognesi in un atteggiamento rinunciatario verso la scelta del “male minore”. Se confermata, è facile che il cittadino medio trovi ben poche motivazioni ad esprimere qualcosa di più di inarticolati mugugni di reazione alla prossima iniziativa politica dei due leader.
In questo quadro, dunque, altri nomi è necessario che contino: quelli dei futuri consiglieri. Sui quali ricade ora la responsabilità – e l'opportunità – di dare una scossa alla partecipazione dei bolognesi di fronte al futuro della comunità cittadina. Sfruttando le ampliate maglie di pre-selezione dei candidati in partiti in evidente ricerca di legittimità, è possibile per persone da tempo impegnate in diversi ambiti della vita della città farsi avanti e portare nuova linfa vitale alla pochezza di un vero dibattito sulla Bologna dei prossimi anni. Alle dirigenze di partito il compito di non mortificare queste persone e dare alle istanze che essi rappresenteranno piena cittadinanza politica in programmi comprensivi e coerenti.
Ancora due nomi : le singole tematiche e i cittadini stessi. Le priorità di azione certo non scarseggiano: manca la capacità di sapersi rendere conto della razionale comprensione dei problemi, dell'ingarbugliato filo di cause ed effetti, della necessità di soluzioni creative. Soprattutto i bolognesi faranno la differenza: nell'informare e nell'essere informati. Nel coinvolgere e lasciarsi coinvolgere, nuotando contro la corrente del “male minore”. Il 2004 ha dimostrato che il livello di attenzione e mobilitazione è straordinariamente alto a Bologna, ma ha bisogno di incentivi per tenere ampia la visuale oltre il proprio giardino, evitando di rinchiudersi negli interessi di bottega – è proprio il caso di dirlo – e frustrati obiettivi polemici personali.
Le elezioni comunali di giugno 2009 non siano un evento che capita, come la pioggia. Se non citiamo Gaber ad ogni pié sospinto solo per illuminata mancanza di originalità, partecipazione è libertà propositiva. La possibilità concreta che il singolo individuo, attraverso il proprio impegno congiunto con altri, influenzi le future scelte della collettività. Che Bologna sia popolata da cittadini – e non da gente – è proprio nei prossimi mesi il momento di dimostrarlo. Altrimenti la casta immobile è tutto ciò che ci meritiamo.