Via Luigi Zamboni….non solo il Signor Degrado
Signor Degrado: un nome, mille declinazioni.
Ma è veramente Signor Degrado il protagonista del lungometraggio Via Luigi Zamboni prodotto da Bolocity Entertainment e presentato al festival 365giorniallanno?
Senza dubbio recita una parte consistente: fotogramma dopo fotogramma, invade, grazie alla sua mole ed alla sua voce, le retine ed i timpani degli spettatori. Ma più che il ruolo di protagonista, come si apprende dalle pagine delle recensioni, gli affiderei l'etichetta di attore (autoimpostosi) di seconda o terza mano!!!!
Incrociando gli occhi, spesso molto tristi, del solito furbone che mi chiede – almeno lui senza urlare! – “vuoi 'na bici?” mi proietto direttamente su quelli, ancora più tristi, dello scalognato al quale è stata illecitamente sottratta e penso: speriamo che quest'ultimo sconfigga la rabbia e la sete di vendetta e non alimenti il vizioso circolo “inchiappettamichetinchiappetto”!
Senza dubbio anche alla persona più tollerante dell'universo risulta difficile ignorare i balordi che lasciano defecare i loro sfortunatissimi animali, dai nomi più improbabili, sotto i portici dove camminiamo: soltanto, Mister Superstizione, pestando e trascinandosi dietro per metri e metri residui di sterco odoroso potrebbe esclamare (senza crederci neppure lui fino in fondo): “poco male…porta fortuna!”. Ed è concesso solo ai coraggiosi pronunciar ammonimento al padrone dello sventurato “Pasticca” (il nome del rotwailer) che da tranquillo e sconsolato cagnolino potrebbe tramutarsi immediatamente in una servile e terrificante macchina da guerra.
Ho scoperto da poco una cosa molto semplice: molte persone ignorano quello che gli passa sopra la testa perché sono troppo impegnati, giustamente, a schivar cacche a terra! Anch'io, pochi giorni fa, incuriosito da un piccolo bassorilievo camaleontico incastonato sopra una colonna ho posato il piede nel morbido!
A parte gli scherzi, a mio parere, si parla TROPPO del Signor Degrado e MOLTO POCO di tanto altro. Le parole sono molto importanti e credo che molti abbiano perso di vista il loro potere, determinante. Un rimedio a ciò, senza dubbio, è porre l'attenzione sulla bellezza che abbiamo di fronte agli occhi. In Via Luigi Zamboni, oltre al deludente Signor Degrado, ritroviamo infatti tanti celebri attori, alcuni molto longevi…vincitori di svariati Premi Oscar.
Mi riferisco chiaramente ai gioielli architettonici ed alle sublimi opere d'arte di cui sono contenitori. Passeggiando per questa via (non dimentichiamolo: una delle più belle d'Italia!!) cerco d'immaginarmi come fosse la “mossa” alla metà del Cinquecento quando Pietro Lamo scrisse la sua Graticola di Bologna , la prima guida artistica della città. Molto è cambiato da allora, ma ugualmente molto è rimasto pressochè identico. Spostandoci indietro nel tempo cambierebbe in primis il titolo del nostro film: quella che oggi è via Luigi Zamboni (dal nome del giovane giacobino che nel 1794 aveva tentato una insurrezione contro il governo pontificio) era infatti Stratha sancti Donati, una “strada” quindi, un percorso lastricato, come vedremo, molto importante nel contesto urbanistico d'età rinascimentale, visto che qui sorgevano il palazzo dei Bentivoglio, signori della città, e le splendide dimore di altre importanti famiglie.
“Ora andiamo a la porta presso a levanto, nominata Porta di Stra San Donato, che cossì è il suo cognome per la giesia de San Donato che è in questa strada. Dentro a la porta a man sinistra v'è un palacio de li Pogi”. Eccolo lì, Palazzo Poggi, maestoso ed eterno, come lo vedeva Pietro Lamo. Oggi è il numero 33, e dal 1803 è la sede centrale dell'Università Alma Mater (madre che alimenta…ma è ancora così?). Fu eretto tra il 1549 ed il 1560 per volere di Alessandro Poggi e di suo fratello Giovanni, nominato cardinale nel novembre del 1551. All'interno è possibile visitare sale magnificamente decorate da Niccolò dell'Abate, autore di pregevoli paesaggi e scene di costume, e Pellegrino Tibaldi, il “Michelangelo de noi altri”, del quale ammiriamo il formidabile ciclo di affreschi di soggetto omerico con le storie di Ulisse [fig.1].
All'interno troviamo, oltre alla Biblioteca e agli uffici, le collezioni dei musei universitari, che meritano senz'altro una trattazione a parte. Proseguendo in sù, in direzione torri, ritroviamo il Teatro Comunale, costruito da Antonio Bibiena nel luogo ove un tempo sorgeva la Domus Aurea, ovvero il celebre Palazzo voluto da Giovanni II Bentivoglio e distrutto dopo la cacciata della famiglia nel 1507. Pietro Lamo non ebbe il tempo di vederlo; tuttavia ricorda quello che si trovava e si trova ancora oggi proprio lì davanti: “a ma sinistra, su la piacia de li Bentivoglio, v'è una logia in volta a basso che serve per portigo, sostenuto da colone e sopra ne la faciata vi sono figure a fresco”: quello che erano, scuderie, ancora lo sono, almeno nel nome. E poco dopo “al salire del principio sotto sotto il portico di San Jacomo, a man sinistra è la gisiola si Santa Cecilia, e quivi è tutta dipinta atorno de capitoli, a fresco, de man de vari maestri a concorencia l'un de l'altro”. Ancora oggi possiamo ammirate l'operato di questi maestri, ovvero i pittori di corte ingaggiati da Giovanni Bentivoglio per ornare l'oratorio di Santa Cecilia (oggi il n. 15): Francesco Raibolini detto Francia, Lorenzo Costa, Amico Aspertini ed altri realizzarono tra il 1505 ed il 1507 una meravigliosa decorazione a fresco con le storie di Cecilia e Valeriano, capolavoro assoluto della pittura bolognese del Rinascimento. L'entrata dell'oratorio è situata all'inizio del magnifico porticato che corre lungo il lato sinistro della chiesa di San Giacomo: questa splendida successione di colonne scanalate, pulvini sovrapposti a capitelli in arenaria scolpita ed eleganti arcate – eseguita tra il 1478 ed il 1481 dal lapicida Tommaso Filippi da Varignana con fregi di Sperandio da Mantova – è senza dubbio una delle massime espressioni dell'architettura rinascimentale bolognese. Questo capolavoro è addossato ad un altro, immenso e superbo, il Tempio di San Giacomo Maggiore, uno scrigno strapieno di gioielli, soprattutto di pale d'altare di pittori bolognesi del Cinquecento. Tra gli innumerevoli capolavori (di cui parleremo in un articolo a parte) è un delitto mancare la superba Cappella Bentivoglio, massimo esempio della cappella gentilizia quattrocentesca bolognese: innalzata nel 1445, fu ampliata ed ornata di preziose pitture da Giovanni II Bentivoglio alla fine del secolo; oltre che della magistrale pala d'altare eseguita dal Francia nel 1494, essa è contenitore delle gigantesche tele con il Trionfo della Fama [fig.2] ed il Trionfo della Morte di Lorenzo Costa. Su piazza Rossini, inoltre, si affaccia lo splendido Palazzo Magnani (oggi Unicredit Banca, al n.20), architettato tra il 1577 ed il 1590 da Domenico Tibaldi, nel quale è possibile visitare (a richiesta) lo splendido salone nel quale Annibale, Agostino e Lodovico Carracci realizzarono (1588-1591) ad affresco un fregio di oltre 25 metri con le storie della fondazione di Roma [fig.3]. I gioielli dell'ex Stratha sancti Donati non finiscono qui: tuttavia non possiamo continuare per ragioni logistiche: ci saranno altre occasioni per parlare di Palazzo Malvezzi Campeggi (n.22) e di Palazzo Solaroli (n.25), o ancora di Palazzo Malvasia (nn.14-16), Bianchetti (n.9) o Malvezzi de Medici (n.13). In conclusione lancio un'idea: istituiamo nuovamente la figura dell'”acclamatore”; quello che, quando nacque il cinematografo alla fine dell'Ottocento, presentava a gran voce l'innovativo spettacolo invitando la gente che passava lì davanti a partecipare. Potrebbe sembrare provocatorio, ma una proposta intelligente, ed anche la piu' ovvia, potrebbe essere quella di stipendiare (dopo un breve corso di formazione) i più volonterosi ragazzi di Piazza Verdi trasformandoli da sconsolati disoccupati in accattivanti acclamatori, o ancor meglio in guide turistiche. Sicuramente un'utopia (prodotta dalla mia ingenuità fanciullesca); ma sognare è meraviglioso!
fig.2
fig. 3
oggi il degrado prevale sulla bellezza..come invertire la rotta? o diminuire il degrado oppure esaltare la bellezza.
data la scaristà di risultati in merito alla prima possibilità in effetti sarebbe forse più efficace puntare sulla seconda..l'idea del comunale di diffondere a tutte le ore musica classica e operistica in piazza verdi è per me bellissima..ma la musica è facile da diffondere…l'estetica un pò più difficile..l'idea dell'acclamatore che competa con spaccini di hasish e biciclette è effettivamente ardua…io era da un pò che pensavo a questo porblema ed ho un'altra possibilità..rivitalizzare i portici..i portici ci difendono dalla pioggia, ma interrompono la visuale e, oltre a fare buio, hanno un sacco di spazio inutilizzato, quello sopra le nostre teste..usarlo come spazio espositivo (magari coinvolgendo accademia, tele che pendono dai soffitti) o abbellirlo con composizioni floreali (ragazzi a bologna centro non c'è verde pubblico, solo nei giardini privati dei palazzi)…potrebbe essere un tentativo di portare un pò di contemporaneità nello storico, ed anche un pò di colore tra le tonalità obbligate ei palazzi storici
bravo stefano,
una bella iniziativa in questo senso sono state appunto le raffinate installazioni di Christina Kim che, chi ha alzato la testa, o soltanto aperto le orecchie (visto che il vento provocava tra le stoffe una dolce armonia), avrà visto poco tempo fa sotto il Palazzo della Mercanzia, Portico della Morte in Via de' Musei, Arco fra Pavaglione e via Clavature ); una bella idea sarebbe proprio un “concorsino” in questa direzione….