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Scritto da nel Numero 42 - 1 Luglio 2008, Politica | 4 commenti

L'economista, il politico e la signora in coda

1 E' un giorno di pioggia, buio e tempestoso, in un'affollata coda agli sportelli dell'azienda sanitaria per pagare un ticket.

La coda procede a rilento e sembra interminabile. Seduti ci si guarda intorno e si scambiano alcune chiacchiere, sorridendo e cercando di esorcizzare il tempo lì trascorso. Chi pensa alla commissione successiva, chi legge il giornale gratuito, chi cerca di asciugarsi gli abiti bagnati dell'acquazzone. Tutti rigorosamente con il proprio bigliettino in mano, in attesa che quello schermo rosso lo estragga in ordine crescente.

D'un tratto, un lampo.

“Vado via – con fare cortese accenna una signora con la figlia – chi vuole i nostri due bigliettini?” La signora di fianco prende il primo e, zac, rapido e secco, l'economista dall'altra parte della sala dichiara “Grazie signora lo prendo volentieri”. Mentre la cortese si reca per porgere il gentile dono, un'altra signora prende la parola: “Non mi sembra corretto questo scambio di favori. Non è giusto che chi è arrivato dopo superi chi è arrivato prima. I bigliettini non utilizzati vengano gettati nel pattume”.

Scambiare o non scambiare, questo il dilemma.

Freddo come un teoremino, l'economista non sta a guardare. “Signora, mi scusi ma non vedo come sia possibile accusare di scorrettezza. La gentile signora ha offerto il proprio posto in coda e così facendo non toglie niente ad alcuno: ognuno aspetterà il proprio turno, salvo due persone che saranno favorite perché accederanno ad una posizione precedente”

Dalle pagine de L'Unità alza gli occhi una lettrice: “Io credo sia giusto distruggere i bigliettini. Così facendo tutti saremo avvantaggiati nell'ordine di merito prestabilito. Dipende dalla vostra etica godere di un vantaggio sulle spalle degli altri: certo, vediamo che in quest'Italia tutto è opinabile. Chi evade il fisco, chi brucia i campi Rom”

L'economista non si arrende.

“Ci troviamo di fronte ad un problema di redistribuzione di benessere sociale. La risposta non è univoca e dipende dalle preferenze di ognuno. Sicuramente entrambi gli equilibri generati dall'abbandono delle due persone in coda portano a situazioni dove tutti i rimanenti guadagnano (equilibrio c.d. Pareto-efficiente). Si tratta di capire chi guadagna quanto e chi non guadagna niente. Non vedo come si possa impedire alla signora di disporre liberamente del proprio turno in coda, non capisco perché non ammettere una perfetta liquidità del mercato dei bigliettini della coda”

La lettrice de L'Unità, in pensiero per l'imminente visita alla quale rischia di tardare, pensa di abbandonare anch'essa e, distruggendo il bigliettino, di prenotarne uno successivo prima di recarsi a fare la visita. L'economista non molla e pone il seguente dubbio: “Questo invece le pare corretto? Risultare in fila mentre non lo si è. Io ero qui da ben prima di voi, ma sono stato costretto a recarmi al bancomat causa il mancato funzionamento del POS dello sportello così retrocedendo ma rispettando una certa etica”

Con fare serio e piglio sereno, con passo fermo l'ultima parola giunse infine alla bocca del politico.

“Cittadine, cittadini. La serena conversazione che qui, in questa sala di partecipazione civile, di adesione al servizio sanitario nazionale dove con senso civico vi apprestate a pagare quanto dovuto, ripone un valore cha va al di là di quanto voi crediate e mostra un tratto essenziale della politica nazionale degli ultimi decenni.

Da una parte c'è chi sostiene la libertà individuale di disposizione di ciò che è proprio, sostenendo che tale sistema non toglie niente a nessuno e aggiunge molto a chi lo riceve. Tuttavia abbiamo visto che non appena si è fatto un dono, da parte di chi non lo ha ricevuto è sorta un'insurrezione: di certo, la signora insorta ha ritenuto di compiere opera meritoria tutelando i diritti precostituiti di chi era in fila. Tuttavia, a tal fine, non è corretto scomodare l'etica: in questo caso, ognuno di voi, sta giustificando il proprio interesse personale.

Una posizione che 'eticamente' ritenga che i bigliettini vadano distrutti si scontra contro due principi fondamentali del libero mercato e del costume: la libertà della proprietà privata e la generosità del dono personale. Un'etica che si ritenga tale non può prescindere da queste considerazioni: anche in questo caso, in effetti, se l'economista e la vicina di posto decidessero di avvalersi del bigliettino donato nessuno potrebbe opporsi. Avrebbe buon gioco chi volesse sostenere che sotto il nome di 'etica' si vuole far passare una tutela degli interessi della maggioranza che c'è già contro i diritti personali dell'individuo.

Vedete, non è cosa di poco conto. Proprio questa, a ben guardare, è la vera sconfitta di chi legge l'Unità. In base a concezioni 'etiche' o 'morali' si è ritenuto dapprima di abbattere il potere di chi era in fila (il penta-partito) che avrebbe potuto disporre del proprio 'bigliettino'. Così si è infilato l'economista (l'imprenditore) che ha detto “Il bigliettino lo prendo io” in base alla mia libertà personale e “chi me lo vuole impedire in realtà vuole solo fare il proprio interesse di parte, al posto mio” per cui “non parli di etica” proprio mentre dall'altra parte, intrappolata in coda, la lettrice dell'Unità (ex-PCI) continuava a lamentare una scarsa etica, il malaffare, l'individualismo, la televisione commerciale sostenendo che i “bigliettini non potevano essere ceduti ma andavano distrutti” mentre la legge nemmeno lo specificava precisamente.

A chi della fila era escluso comunque, questa posizione è apparsa da comunisti, pronti a collettivizzare i 'bigliettini' per tutelare se stessi in un modo che è parso da arroganti e retrogradi. Così è apparsa ai più la posizione che nelle intenzioni sincere di chi la sosteneva pareva una scelta di buon senso, di civismo, di correttezza.

Vedete, è per questo che Berlusconi non solo vince ma ha sbaragliato, ha ribaltato il tavolo e preso il piatto. Ha avuto, nella sostanza, ragione proprio laddove i suoi avversari ritenevano di averlo incastrato, a partire da Occhetto e da Mani Pulite.”

Non appena smise di parlare la scena rappresentava tutte le persone sulla porta dei propri uffici ad ascoltare quella interessante lezione. Timido, il signor Q sollecitò una riflessione pacata: “Quando c'è la salute, c'è tutto. Quando un po' di salute manca, e allora occorre stare in fila per il ticket, la buona educazione può essere sempre la soluzione migliore”

Venne il turno del bigliettino numero 46, che languiva nascosto sul ripiano dove la generosa incompresa l'aveva riposto, e subito dopo fu il 47. In una piccola comunità, a differenza che nel mondo capitalista, il collettivismo è possibile.

1 Liberamente ispirata da una scena realmente vissuta dall'autore

4 Commenti

  1. per me l'economista non direbbe “lo prendo io volentieri” ma proporrebbe una semplice asta in cui sarebbe il mercato a decidere a chi debba essere assegnato il biglietto.
    con una piccola asta, la signora avrebbe ua compensazione per il posto lasciato (che può sempre donare, per carità), ed il biglietto verrebbe assegnato a chi serve di più (se son di fretta, magari ho un treno che parte e sono disposto a pagare di più di un pensionato senza molto da fare. è qindi giusto che il biglietto avda a me). in questo caso chi compra il biglietto ci guadagna, chi lo vende ci guadagna, e gli altri non ci rimettono niente non scalando di posizione.

    facciamo un altro esempio..c'è un concerto esclusivo per sole cento persone e fuori dal botteghino c'è il pienone, accorro in fila dalle cinque del mattino, riesco a comprare il biglietto, ma una settimana dopo mi accorgo di aver un impegno imprescindibile che mi farà perdere il concerto.. come fare? distruggere il biglietto? darlo a quello che al botteghino era dopo di me, innescando una catena di compravendita per occupare il mio posto lasciato vuoto? venderlo a quello che, centounesimo, aveva visto il cartello tutto esaurito dvanti ai suoi occhi?

    la prima soluzione è stupida (perchè distruggere cvalore?) la seconda è troppo difficile e costosa, così come la terza (come lo recupero questo)..la soluzione è semplice e non ha bisogno nè di etica, nè di politici..assoldo un amico che, come buon bagarino, lo rivenderà il giorno del concerto al miglior offerente. che c'è di male in tutto questo..Tobia dice bene, la proprità privata non può essere soppiantata da una falsa etica

  2. Bella questa storiella!
    Il ragionamento dell'economista/Tobia e quello di Stefano non fanno una grinza – ho qualche dubbio sul politico, ma ha diritto anche lui a parlare.

    Aggiungerei un tema che è stato solamente sfiorato: la soddisfazione del dono, non solo (ovviamente) per chi lo riceve ma anche per chi lo fa. Questa soddisfazione deriva da gesti concreti: sicuramente dare il bigliettino a una persona in coda è più gratificante della “redistribuzione” delle posizioni derivanti dalla distruzione del bigliettino – almeno per me.
    Azzardo un parallelo: le persone preferiscono la beneficenza (donare a persone e istituzioni che si possono toccare con mano) al prelievo fiscale (una redistribuzione più generale e vaga).

  3. niente male l'articolo, mi ha fatto venir in mente un altro caso: l'ultimo della fila si reca dal secondo, quello ormai arrivato allo sportello, e gli dice “ti do tutto qello che vuoi per fare uno scambio di biglietti”..nessuno nella coda ci perde niente, ognuno rimane al suo posto, tranne l'ultimo e il secondo che cambiano di posizione.

    eppure è una cosa che non ho mai visto, nè immaginato prima di elggere l'articolo di De Salvo..in effetti la coda è il classico esempio di norma sociale che riflette la civiltà di un popolo (vedi coda in inghilterra e in italia)..eppure che male ci sarebbe nella compravendita di biglietti? è forse qualcosa di incivile? credo che la gente lo reputerebbe tale, tranne gli economisti forse

    alla grande

  4. scusami Pietro, Desalvo mi raccomando si scrive tutto attaccato

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