In Germania vincono le lobby dell'energia alternativa
Venerdì scorso, mentre il Bundestag licenziava a larga maggioranza la legge di revisione sulle energie rinnovabili (Eeg), il celebre premio Nobel per la letteratura Günter Grass, intervenuto ad una conferenza sul '68, accusava il Parlamento tedesco di essere assediato da lobbisti di ogni sorta. Una coincidenza? Probabilmente sì, dato che lo scrittore rimane uno tra i più fervidi sostenitori delle politiche ambientaliste promosse dalla cancelliera. Eppure, benché la sua critica fosse evidentemente indirizzata ai grandi colossi industriali del Paese, mai circostanza fu più felice per un'uscita di questo tipo. Il piano del governo di Große Koalition, infatti, contiene una lunga serie di provvedimenti volti a proteggere, incentivare e sussidiare, a scapito di altri, determinati settori dell'industria energetica tedesca. Come ricorda in un suo polemico editoriale il quotidiano Die Welt, “la fonte di energia a potenziale più basso intascherà d'ora in poi la quota più alta delle sovvenzioni previste dalla normativa”. Stiamo parlando del solare, ramo la cui incidenza sul consumo è pari allo 0,6 per cento del totale e che, a dispetto di quanto sostenuto dalla stampa, non verrà affatto indebolito dalle riduzioni dei sussidi entrati in vigore nel 2000. Imprese come Q-Cells o Solon, leader mondiali del settore, continueranno infatti a beneficiare del 25 per cento delle agevolazioni approntate dallo Stato centrale e questo a fronte di una produzione elettrica derivante dal fotovoltaico (alcuni sostengono si tratti soltanto di potenza installata) che oscilla intorno al 4 per cento del totale erogato.
La lobby del solare, dunque, non è stata minimamente scalfita, se è vero che la proposta originaria di liberali e parte dei conservatori consisteva in un drastico taglio di quei corrispettivi superiori al prezzo di mercato, che vengono regolarmente intascati dalle imprese per la vendita di energia pulita alla rete. Secondo alcune indiscrezioni pubblicate da Die Welt, il motivo di questo compromesso al ribasso andrebbe ricercato in un meschino do ut des tutto interno al Parlamento: il capogruppo della Cdu/Csu al Bundestag, Volker Kauder, avrebbe infatti barattato la sua desistenza con i fondi per gli impianti di cogenerazione destinati al suo collegio elettorale nel Baden Württemberg. Per tale motivo l'abbassamento della quota degli incentivi sarà nell'ordine dell'8 per cento per i prossimi due anni e del 9 a partire dal 2011. Il tutto senza alcun effetto positivo per le tasche dei consumatori, che dovranno anzi sobbarcarsi il gravoso peso del passaggio dal nucleare ad altre fonti di approvvigionamento. Entro il 2020, anno nel quale le emissioni di gas serra dovranno essere ridotte del 40 per cento rispetto al 1990, la Germania prevede infatti di basare la propria produzione di energia elettrica per il 30 per cento sulle rinnovabili, per ora ferme al 14 per cento del totale. Come? Investendo tutto in turbine a vento, fonte non troppo costosa e resa abbastanza competitiva rispetto ai combustibili fossili dalle cosiddette feed-in-law dei primi anni Novanta, le quali hanno garantito ai produttori da eolico (stessa cosa dicasi per il solare) la certezza di una tariffa fissa agevolata per ogni kWh venduto alla rete. In realtà, per dirla con le parole dell'ex mostro sacro dell'ecologismo mondiale James Lovelock, tale “tendenza a far sì che il resto del mondo sostenga la produzione industriale tedesca acquistando le sue turbine a vento”, appare assai rischiosa.
Secondo alcuni ricercatori della Dena (l'Agenzia tedesca per l'energia), infatti, se non si costruiranno per tempo nuove centrali a carbone, con la chiusura dei reattori nucleari, la Germania si ritroverà nel 2020 altamente esposta al rischio di black-out e non potrà certo fare affidamento su fonti aleatorie e discontinue quali vento e sole. Dello stesso parere anche Angela Merkel, la quale, intervenendo lunedì scorso al congresso della Csu ad Erding, ha definito “completamente sbagliata” la scelta del suo predecessore Gerhard Schröder di rinunciare del tutto all'atomo. Pronta la replica del ministro dell'Ambiente Sigmar Gabriel (Spd), che respinge al mittente le critiche e indica quale via di uscita alla dipendenza energetica lo sviluppo delle cosiddette centrali di “cogenerazione”, una tecnologia che consente di produrre contemporaneamente energia elettrica e termica, in modo tale da contenere gli sprechi: la corrente prodotta con questa soluzione dovrebbe infatti passare dall'attuale 12 per cento ad un forse troppo ottimistico 25 per cento del totale. Resta da capire che fine farà l'idea presente nel programma di governo di costruire nuove centrali a carbone pulito, dal momento che ad esse si sono finora pervicacemente opposti i verdi e i gruppi ecologisti, i quali non hanno mancato di invitare Angela Merkel, ribattezzata Klimakanzlerin proprio per il suo impegno a favore dell'ambiente, a mostrarsi coerente non solo a livello europeo ma anche in sede parlamentare.
L'articolo è stato tratto dal sito www.ideazione.com