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Scritto da nel Numero 38 - 1 Maggio 2008, Politica | 0 commenti

Quelli tra Marxismo e Champagne

Il tema sollevato dall'elettorato in occasione delle recenti elezioni politiche che più colpisce l'opinione pubblica è lo spostamento di consenso direttamente dai partiti della Sinistra Arcobaleno alla Lega Nord.

Da un lato la crisi della Sinistra Arcobaleno non è così difficile da spiegare. Dopo aver partecipato alla coalizione de L'Unione per sostenere il Governo Prodi, ha trascorso gli anni 2006 – 2008 con fastidio e ambiguità verso le politiche riformiste e le scelte dell'alleato Democratico. Non ha esitato a scendere in piazza contro l'accordo sul Welfare, una delle principali riforme del Governo Prodi, pur mantenendo la fedeltà verso l'accordo elettorale. In questa tenaglia si sono stritolati da soli.

Se per lo psicanalista i motivi di questa scelta sono chiari e lineari essi, evidentemente, non lo sono per l'elettorato. L'adesione alla coalizione di centro-sinistra portava con sé una scelta di Governo ed affondava il proprio consenso nell'ereditata ambiguità della sinistra italiana, da sempre di lotta e di governo. La visione movimentista e no-global ha invece intrappolato i partiti dell'Arcobaleno che, ormai scacciati parassiti eterotrofi del governo Democratico, si sono rifugiati in un cartello elettorale poco riconoscibile, dal volto più ambientalista che comunista, che si è rivelato debole e soprattutto senza contenuti. La crisi del comunismo, che ancora si riflette sul PD, ha assunto in Fausto Bertinotti il volto delle parole d'ordine più consunte (no ai padroni), astruse (si allo sviluppo salvo che ma non però ma anche no) e impopolari (in tema di immigrazione tipicamente).

La chiave di lettura di Luca Casarini, fiero oppositore dell'ex amico Caruso (http://www.repubblica.it/2008/03/sezioni/politica/verso-elezioni-12/casarini-contro-caruso/casarini-contro-caruso.html) è evidente e soddisfatta. La prospettiva di incanalare il disagio sociale al di fuori di una sinistra parlamentare dà fiato alle aspirazioni di un leader di una piazza 'identitaria' e contro.

Alla base della crisi della sinistra (crisi che rivolge domande importanti anche al PD che adesso comincerà ad affrontare in vitro il tema del proprio sviluppo) sta una questione cruciale. L'insediamento sociale nato dal movimento operaio e costruito nel nome dell'ideologia marxista non dipende dal tema della democrazia e della partecipazione come motivazione di voto essendo essa una scelta indiscutibile e conquistata dalla Resistenza (a differenza delle più recenti considerazioni post '89 che si sono posizionate sulla retroguardia a seguito dell'arretramento del sistema politico della cosiddetta Prima Repubblica), e si è diffuso invece dentro l'economia ed i suoi rapporti sociali, spiegando ai lavoratori che un voto a sinistra sarebbe stato, per loro, 'conveniente'. Li avrebbe resi più ricchi grazie allo Stato sociale, agli aumenti salariali, ad una politica non più serva dei padroni.

La crisi dell'URSS e la fine del paradigma comunista ha trasformato una grande ambizione in una truppa di senza dimora, alla ricerca delle ragioni di un consenso marginale, a caccia di voti di nicchia.

Nella storia è piuttosto normale che il più povero si allei con il più ricco. L'amore del contadino per il Re, del tifoso per il Campione, la fedeltà del soldato per il Comandante è la regola nelle società umane. Il marxismo ha rovesciato questo paradigma, aizzando gli oppressi alla rivolta, mentre l'economia capitalista e soprattutto la redistribuzione riformista hanno arricchito tutte le classi nel mondo occidentale. Le quali, unite e diffusamente, guardano con preoccupazione ai nuovi poveri che arrivano da Oriente e dal Sud. E hanno votato Lega.

Veltroni non sarà mai stato comunista (e Bertinotti neanche), ma chi oggi vota Lega sì. Forse per questo da Veltroni non si sente rappresentato. Il consenso socialmente trasversale di questo centro-destra sembra ricalcare una prospettiva di rappresentanza di lungo periodo. Quella della sinistra e del centro sinistra, invece, una minoranza.

Chi scrive ritiene che questo consenso sia principalmente identitario e che troverà i suoi problemi nel merito delle cose da fare.

Una per tutte: è SBAGLIATO invocare nuove leggi contro gli stupri. Va invece risolta l'incapacità delle forze dell'ordine e reso efficiente il sistema giudiziario. Rimane infatti, nelle ricette della Lega Nord, una presunzione (di matrice 'comunista') di onnipotenza del sistema politico (Roma ladrona causa di ogni male, la politica fiscale come fonte di benessere o malessere delle persone) che non trova riscontro nella realtà. L'ambiguità leghista sta nel denunciare l'incapacità della politica e di raccogliere consenso in base a proposte che possono funzionare solo grazie alla politica.

Oggi, in tempi di globalizzazione, la politica è debole e poco in grado di rispondere su scala nazionale (e men che meno locale) alle esigenze delle persone ed è per questo che va difesa da tutti i partiti e non usata come una clava gli uni contro gli altri. Altrimenti l'effetto netto è una esasperazione dei toni, una fuga delle persone dal voto, il declino del Paese politico e l'anarchia nel Paese reale.

In balia della legge del più forte, che questa volta ancora incorona il più potente italiano.

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