Pages Menu
RssFacebook
Categories Menu

Scritto da nel Numero 38 - 1 Maggio 2008, Politica | 0 commenti

I nuovi precari. Quelli del parlamento

“Tsunami”. Mai metafora fu più azzeccata. Dopo le elezioni del 13-14 aprile la sinistra italiana – quella che non esita a definirsi tale – è stata letteralmente spazzata via dal parlamento della repubblica. Il verdetto dell'urna, come sappiamo, è giunto impietoso: l'Arcobaleno scolorito e inchiodato a quel disgraziato 3,3 per cento è tramontato sui palazzi della politica, e deve candidarsi oggi ad una lunga ed imprevista traversata nel firmamento extraparlamentare. Per i quattro partiti che ne facevano parte (Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani, Verdi, Sinistra Democratica) nemmeno un seggio uno. Da 138 tra deputati e senatori a zero. Elettrocardiogramma piatto, uno shock.

Per carità: è la democrazia, viva la democrazia. Ognuno pianga il suo male, a ciascuno il proprio De Profundis. E, magari – volendo parafrasare l'inchiostro fuoriuscito impazzito dalle penne degli emissari del nostro nuovo (sic) capo popolo nei giorni immediatamente successivi al voto – “tutti a lavorare!”. Del resto, a essere cinici, quale miglior occasione per la nostra gauche di ricominciare in un qualche modo? Qualcuno proseguirà la carriera di funzionario di partito, altri andranno in pensione, altri ancora per il momento si godranno più tempo libero e più affetti tra le mura domestiche. Cesare Salvi tornerà a insegnare; Francesco Caruso farà pace coi suoi movimenti; Paolo “Er Piotta” Cento si dedicherà ai suoi nuovi mille progetti di comunicazione integrata; Oliviero Diliberto, invece, di nuovo battagliero alla sua segreteria ci sarebbe tornato lo stesso, dato che rinunciò a candidarsi a favore di un operaio.

Insomma, carne al fuoco ce n'è. Il problema è che, come si può facilmente immaginare, il quadro si complica presto se a dover fare ora di necessità virtù non fosse gente che, ad esempio, usufruisce di quattro o più legislature alle spalle, oppure che gode dei rimborsi elettorali. Ci spieghiamo. Dicevamo prima che il responso elettorale è stato uno shock. Nessun rappresentante della sinistra nelle istituzioni che contano in questa prossima XVI legislatura significa nessun gruppo parlamentare. Ergo, nessun lavoro per tutta una serie di dipendenti che di questi stessi gruppi uscenti ha costituito fino a oggi una costola fondamentale. Bene, tra Montecitorio e Palazzo Madama si tratta di quasi duecento persone. Da anni collabora(va)no negli uffici stampa, nelle segreterie, negli uffici legislativi, tecnici e informatici delle rappresentanze dei partiti. Professionisti senza privilegi, gente che lavora. In media quarantenni. Fino a ieri contavano alla rovescia le rate del mutuo, iscrivevano i figli all'asilo, programmavano vacanze dignitose. Improvvisamente, una doccia freddissima.

Qualcuno si era degnato di interessarsene. Il deputato verde Marco Boato, ad esempio, che lo scorso 8 aprile per risolvere quello che ormai viene definito “il precariato del Palazzo” aveva prospettato in una lettera alla presidenza della camera dei deputati alcune soluzioni. Al senato, un appello firmato da una cinquantina di collaboratori dei gruppi di sinistra è stato inviato al presidente Marini. Risposta: “Il presidente ci ha spiegato che farà presente la situazione al momento del passaggio delle consegne al suo successore”, ha riportato a ItaliaOggi la senatrice uscente Loredana De Petris (PdCI-Verdi). In ogni caso, la notizia è quella di oggi, 23 aprile: “Brutte notizie per i precari dei gruppi parlamentari che, in seguito al risultato elettorale, non saranno ricostituiti nella XVI legislatura. Il collegio dei Questori di Montecitorio – cui era stato dato mandato di «esaminare forme di intervento volte a favorire la continuità del rapporto lavorativo dei dipendenti dei Gruppi parlamentari e degli addetti di segreteria dei deputati titolari di incarichi istituzionali nella XV legislatura» – ha infatti rimandato ogni decisione all'analogo organismo che si insedierà con la nuova legislatura”, si legge su Avvenire. Domanda: secondo voi da 0 a 100 quante probabilità ci sono che il centrodestra a breve possa farsi in un modo o nell'altro carico della questione? Verrebbe da citare il solito Flaiano, se la situazione oltre che grave non fosse anche drammaticamente seria. In buona sostanza, Montecitorio e Palazzo Madama hanno deciso di non fare nulla. Alla vigilia di un altro grande tsunami della nostra storia politica, tangentopoli nel 1993, ai collaboratori dei gruppi si garantì stabilità di rapporto al di là degli esiti futuri delle urne. Tangentopoli, sia chiaro, non la semplice fuoriuscita dal parlamento della sinistra per un evidentemente legittimo insuccesso elettorale. Ancora Boato: “I questori avevano pieni poteri per risolvere la questione. Non vorrei che la decisione di non decidere fosse il risultato di un timore per eventuali nuove polemiche contro la casta. In questo caso la casta non c'entra, ci sono dei semplici lavoratori che non hanno nessun privilegio e che andranno per strada”.

Sta di fatto che se ne rimane colpiti. Ribadiamo che si parla, come accennato, di persone che per anni hanno lavorato per uffici strategici ad alta specializzazione tecnica dei gruppi, come quelli legislativi che presiedono alla formulazione di leggi ed emendamenti. Si parla allo stesso tempo di gente con contratti di collaborazione rinnovati da dieci anni, a mille euro al mese. Si parla, con ogni probabilità, di coloro che negli stessi uffici che oggi devono forzatamente lasciare ieri avevano scritto le norme della legge finanziaria che autorizzano la stabilizzazione del pubblico impiego. Ironia del sorte, oltre al danno c'è la beffa e anche qualcosa di più. Il parlamento italiano è anche questo.

Scrivi un commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>