Dell'Italia, e del culo
Caro Dio: gli dei sono stati benevoli con me. Per la prima volta nella mia vita, ogni cosa è assolutamente perfetta. Quindi ecco il patto: tu fermi ogni cosa così com’è, e io non ti chiederò mai più niente. Se è ok, per favore non darmi assolutamente nessun segno… (silenzio). Ok, affare fatto. In gratitudine, io ti offro questi biscotti e questo latte, se vuoi che li mangi per te, non darmi nessun segno… (silenzio) sarà fatto!
Homer Simpson
Le sfide sono sempre scommesse, e per questo invoco l'aiuto di Dio ma anche della fortuna che chi vive una vita pubblica non puo' avere se non la seduce con una buona dose di coraggio e di virtù.
Silvio Berlusconi (discorso programmatico alla Camera dei Deputati, 13 Maggio 2008)
Se qualcuno mi chiedesse, oggi, di riassumere in una parola il nostro Belpaese senz’altro ricorrerei a “culo”. Le terga sono da sempre sinonimo di bellezza e di miseria, niente di più vicino all’arcano, all’imponderabile. In esse ritroviamo il senso panico della nostra esistenza, la radice di tutto. Sebbene qualcuno azzardi a sostenere, in taluni casi di rara bellezza, che queste abbiano il dono della parola, bene faremmo a ricordare che tanta parte del fascino loro, proprio dalla loro mutezza origina. Niente ci vieta infatti di rivolgerle parola, e interrogarle, confidare, sicuri che un rassicurante, divino, silenzio sarà la risposta.
“Il culo è lo specchio dell’anima” ci ricorda Tinto Brass [1]. Al culo si ricorre quando niente altro ci può correre in aiuto, Brecht direbbe “sfortunato quel popolo che ha bisogno di culi”. Io direi che invece, magari, no.
[1] Tinto Brass, “Elogio del culo”, 2006, Pironti Editore.