Corte Sconta detta Arcana
Durante un bagno interminabile, ho per caso riletto un capolavoro letterario che da un po' di tempo era posizionato su una mensola a prendere polvere. Il volume a cui mi riferisco, invero lievemente rovinato dal vapore acqueo fuoriuscito dalla vasca, non è un grande classico di Flaubert o Proust, e nemmeno una raccolta di poesie di Baudelaire o un qualche romanzo sperimentale di Zola, è più semplicemente Corte sconta detta arcana, forse la migliore delle avventure cucite da Hugo Pratt sulla pelle del proprio alter-ego Corto Maltese.
Se l'aggettivo capolavoro può sembrare provocatorio o malposto, per circoscrivere l'apice qualitativo raggiunto da un genere letterario quale il fumetto, da sempre relegato dalla cultura dominante in secondo piano rispetto alle forme espressive più tipiche della tradizione letteraria, vale forse la pena di rivedere la dogmaticità di tale giudizio, sfogliando le pagine color pastello di Pratt. Le suggestioni pittoriche che animano le tavole, per ammissione dello stesso autore, vanno ricercate tra gli illustratori come Norman Rocwell, ma anche in Klimt, negli acquarelli inglesi e tedeschi, perché -prosegue Pratt- sono stato più influenzato dalla pittura anglosassone che dal nostro rinascimento.
In Corte sconta detta arcana, mentre sullo sfondo fa capolino la Siberia e la fine della Prima Guerra Mondiale, gli avvenimenti si rincorrono in modo frenetico mostrando le innumerevoli sfaccettature che animano la psicologia dei personaggi.
Le vicende del Gentiluomo di fortuna e del suo cattivissimo compagno di viaggio Rasputin, alla ricerca del treno blindato carico dell'oro zarista in fuga dalla rivoluzione d'Ottobre, s'intersecano a quelle degli attori concreti che giocarono in quegli anni un ruolo fondamentale o leggendario nello scacchiere internazionale: Suke Bator, il Lenin della Mongolia, o il folle barone Roman Nikolaus von Ungern-Stenberg, sono soltanto alcuni degli occasionali compagni di viaggio incontrati da Corto Maltese, mentre sullo sfondo prendono forma i deliri e le piccinerie di un'Asia dominata dai signori della guerra.
Il personaggio sanguinario del barone Ungern- Stenberg, fondamentale per comprendere lo svelamento dell'intreccio narrativo, è ad un tempo una figura epica e grottesca: il presunto nobile, coltivando il sogno mistico del grande impero Mongolo di Gengis Khan, decise, animato da una delirante vis guerriera e da una scarsissima lungimiranza politica, di schierarsi contemporaneamente contro le truppe bolsceviche e cinesi.
Cavalcando inevitabilmente contro la sconfitta e la morte, questo romantico e invasato tagliateste, funzionò da forte elemento destabilizzante, in una zona geografica già fortemente frammentata e divisa, dove i signori della guerra, le società segrete cinesi, gli eserciti regolari, i rivoluzionari russi e i numerosi disertori, combattevano per i più svariati motivi. Questo è l'insanguinato scacchiere dove si muovono le pedine tratteggiate con maestria da Hugo Pratt.
I riferimenti storici e le evocazioni letterarie sono numerose e fortemente suggestive, sorrette dalle tavole superbamente disegnate, che ricordano appunto quegli acquarelli inglesi e tedeschi a cui s'ispirò l'autore, per concepire nel 1974 l'ennesima e mirabolante avventura incarnata dal marinaio con l'orecchio forato. Era nato un capolavoro.