Una gita all'Elba
Viaggiare mentre i comuni mortali si affaccendano nelle vicende quotidiane, è di per sé un esercizio altamente gratificante. Già l'Alberto Sordi de i vitelloni, con la celebre “pernacchia” indirizzata ai lavoratori, aveva reso di dominio pubblico la validità dell'assunto.
Se poi, il fortunato viaggiatore ha la possibilità di immergersi per qualche giorno nel paradiso naturale dell'Isola d'Elba, con la complicità di un clima che in quel periodo forniva generosamente un anticipo d'estate, l'idillio è completo. Lontano dall'inutile frenesia della città, la vita scorre placida, scandita dai ritmi che gli isolani, d'origine o d'adozione, impongono saggiamente alla realtà che li circonda.
Abbandonati per qualche giorno gli abiti dimessi dello “spernacchiato” lavoratore di Fellini, ci si può quindi perdere alla scoperta di autentiche perle, come la cittadina di Capoliveri, dove il viaggiatore paziente può casualmente scoprire in un anfratto intagliato tra le vecchie case, uno splendido anfiteatro a cielo aperto, dove le reti da pesca appese ad uno sfondo azzurro mare, attorniano il minuscolo proscenio.
Dopo una tranquilla passeggiata alla scoperta dei piccoli paesi, è quasi un obbligo la rincorsa verso quel mare che avvolge l'isola, e che sembra penetrarla inserendosi negli spazi angusti che l'erosione ha scavato tra i graniti. Le spiagge ghiaiose, come del resto le insenature naturali, sono numerose e facilmente raggiungibili: Punta Rossa, Innamorata, Lacona e Laconella, soltanto per elencarne alcune tra le più rinomate. Accanto a queste mete classiche del turismo balneare, la piccola calata di Sansone, a causa della sua posizione sul versante nord a ridosso di una scogliera biancheggiante, e forse, grazie anche alla difficoltà nel trovarla e nel raggiungerla, offre uno spettacolo unico: i ciottoli bianchi di cui è composto il minuscolo lido, nelle giornate limpide, creano una splendida alternanza cromatica con l'acqua color verde smeraldo che li circonda, mentre il versante montuoso, sovrastandola, garantisce una quiete innaturale a questa piccola spiaggia dal sapore caraibico.
Ogni viaggiatore che si rispetti, terminato il suo piacevole pellegrinaggio lungo il periplo dell'isola, dopo aver deliziato i propri occhi osservando la silhouette bidimensionale di Pianosa, o magari il pensiero, contemplando in lontananza i contorni evanescenti della Montecristo di Dumas, non può certo trascurare il proprio palato. E' inseguendo questa idea, che appagati nello spirito, ci si può rifugiare alla ricerca di piaceri più terreni, ad esempio, concedendosi una cena all'osteria Botte Gaia di Porto Azzurro. L'ambiente curato e famigliare, cede il passo ad una gastronomia tradizionale lievemente rivisitata e molto attenta alle primizie del territorio: culinariamente superlativi sono alcuni dei risultati legati all'ostracismo dichiarato nei confronti della panna, e la sua sostituzione, ad esempio, con la crema di ceci utilizzata per mantecare la pasta fresca alle vongole veraci.
Sfortunatamente, dopo i tramonti a strapiombo sul mare e terminate le ottime cene, il traghetto, puntuale come il suono della campana, chiude ironicamente il cerchio, e attraversando la lingua di mare che separa l'isola dalla terraferma, riporta inesorabilmente il viaggiatore alla più prosaica realtà di lavoratore.