Programmi elettorali a confronto – Migrazione
Migranti in Italia: solo un problema di ordine pubblico?
È dalla metà degli anni '70 che l'Italia può essere definita un paese a “saldo migratorio positivo”: prima di allora il numero di individui che erano entrati nell'arco dell'anno sul territorio italiano non aveva mai superato quello di coloro che lo avevano lasciato. Da allora, le statistiche ufficiali hanno visto il saldo migratorio crescere marcatamente, fino a raggiungere le oltre 200mila unità negli ultimi anni (stime che ovviamente non tengono conto dei flussi irregolari). Eppure, in tutti questi anni, si può affermare che l'Italia non abbia mai elaborato una politica migratoria integrata, che prenda in considerazione tutte le complesse sfaccettature del fenomeno e che le riconduca ad un insieme coerente di interventi legislativi.
È evidente che un programma politico di una forza che aspira a governare il Paese possa e debba essere giudicato anche sulla base della sua opinione e dei suoi indirizzi di massima su di un tema così importante, che viene messo al 3° posto dagli italiani tra le priorità politiche secondo la recente indagine CNEL-Eurisko.
Cerchiamo dunque di analizzare come gli schieramenti che si presentano alle elezioni del prossimo 13 e 14 aprile si propongano di affrontare le problematiche e le opportunità costituite dall'immigrazione. Ci concentreremo su cinque forze politiche: il Partito Democratico (PD), il Popolo delle Libertà (PDL), la Sinistra – l'Arcobaleno (la Sinistra), l'Unione di Centro (UDC) e la Destra.
Una prima distinzione che merita di essere sottolineata è puramente tassonomica.
Mentre il PD, e la Sinistra dedicano all'immigrazione un punto ad hoc del loro programma, il PDL, l'UDC e la Destra si occupano di questa tematica all'interno del punto programmatico “Sicurezza”. Per quanto in questo ambito siano poi presenti proposte che riguardano l'integrazione economica e culturale e non solo le politiche di espulsione, di regolarizzazione o di ingresso, il fatto non può che apparire come simbolico di un atteggiamento che riconduce la problematica migratoria ad una questione esclusivamente di ordine pubblico.
Partiamo dunque dalle politiche di ingresso. I criteri sulla base dei quali ammettere l'ingresso regolare dei cittadini extra-comunitari è l'oggetto principale della famosa (o famigerata) Legge Bossi-Fini, attualmente vigente nel nostro ordinamento. Su di essa il panorama politico si divide secondo le usuali geometrie: se il PDL propone di confermare in toto il collegamento stabilito dalla legge tra elargizione di un permesso di soggiorno e presenza di un contratto di lavoro per il migrante, il PD e la Sinistra individuano in questo meccanismo uno degli elementi che facilita lo sviluppo di immigrazione illegale. Non è plausibile, secondo questi due schieramenti, che il migrante possa avere un contratto di lavoro con un'impresa italiana prima di entrare sul nostro territorio. Per questo, tanto il PD quanto la Sinistra propongono una nuova normativa che consenta l'ingresso per ricerca di lavoro. Il PD chiarisce, da questo punto di vista, che questi ingressi dovranno essere garantiti da “sponsor” (associazioni certificate o enti locali), mentre la Sinistra non si spinge a definire nello specifico la metodologia di ingresso. Ciò che invece accomuna PD, PDL e UDC (che non giudica esplicitamente la Bossi-Fini nel suo programma) è il principio di “condizionare l'immigrazione al fabbisogno di forza lavoro”. In questo senso, nessuno di questi tre partiti affronta il nodo delle riunificazioni familiari e delle richieste di asilo: le due motivazioni di ingresso che stanno diventando sempre più importanti, come osservato dal recente Dossier Caritas-Migrantes. Dell'asilo si occupa la Sinistra, proponendo una legge organica che “migliori” le direttive europee recentemente recepite dal governo italiano. Il tema delle riunificazioni familiari è trattato, invece, solo dalla Destra. Il partito della Santanchè e di Storace, va detto, ha un approccio decisamente sui generis riguardo all'immigrazione: esso propone sostanzialmente di bloccare o “limitare in modo drastico” nuovi ingressi fino a che non sarà fatta una (improbabile) “mappatura completa del fenomeno migratorio”. Ugualmente, andrebbero bloccati nell'immediato tutti i ricongiungimenti familiari. Questa proposta, che appare tanto inutilmente vessatoria quanto implausibile, è dunque tutto ciò che i programmi elettorali affermano riguardo ad una tematica che interessa più di un terzo degli attuali immigrati, e la gran parte dei nuovi ingressi.
Oltre alla questione della normativa sugli ingressi, di primaria importanza è la questione della regolarizzazione di coloro che sono attualmente in stato di clandestinità. Su questo tema, sul quale i punti di vista sono particolarmente eterogenei nel centrosinistra, il PD non si espone, non facendone menzione nel suo programma. Unica eccezione, a questo riguardo, è costituita dalla proposta di garantire un permesso di soggiorno alle donne immigrate irregolari che denuncino violenze familiari. Sulla regolarizzazione si spende con maggiore decisione la Sinistra, che propone di estenderla a tutti i migranti che denuncino la propria condizione di lavoro nero, con il consenso o meno da parte del proprio datore di lavoro. La coalizione di Bertinotti propone anche dei non ben precisati “meccanismi di regolarizzazione permanente”, che a dire il vero potrebbero generare un forte incentivo all'ingresso irregolare, e la regolarizzazione immediata di coloro che sono rimasti esclusi dal recente “decreto flussi”. Il tema della regolarizzazione è brevemente liquidato tanto dal PDL quanto dalla Destra: entrambi i partiti affermano di voler bloccare qualsiasi ulteriore processo di regolarizzazione, per quanto il PDL riconosca che questo tema vada trattato non tanto nel contesto italiano quanto nell'ambito dell'Unione Europea. L'UDC non affronta il tema nel suo programma.
Anche in tema di espulsioni i vari programmi non stupiscono: la chiusura dei Centri di Permanenza Temporanea (CPT) è l'unica proposta della Sinistra a questo riguardo, mentre il PDL propone di aprirne di nuovi. Il partito di Berlusconi propone inoltre di rafforzare la collaborazione con i paesi di origine e transito degli immigrati per sfavorire l'ingresso di irregolari, e l'allontanamento dall'Italia di “tutti coloro che risultino privi di mezzi di sostentamento legali e di regolare residenza”. Stretto tra la dicotomia chiusura/apertura di nuovi CPT, il PD sceglie una via diversa: l'innovazione semantica. La sua proposta è quella di sviluppare dei “Centri di Identificazione e Garanzia” (CIG), ma non chiarisce in che modo i CIG si differenzierebbero dai CPT. Più concretamente, appare interessante la proposta di sviluppare un Fondo Rimpatri con cui assistere i rimpatri volontari. L'idea di sostenere economicamente il rimpatrio appare una proposta bella e civile, un modo di riconoscere l'esistenza di uno squilibrio nell'attuale modello di sviluppo che genera la migrazione (sia essa regolare o irregolare). Unica nota dolente è la sua sostenibilità politica: in un'Italia così dominata dal qualunquismo in molti potrebbero storcere il naso all'idea di fornire risorse pubbliche agli (ex) immigrati irregolari, anche se questo potrebbe far risparmiare le casse dello Stato, attualmente impegnate in un'inefficiente opera di espulsione coatta.
Come per altre tematiche, il programma della Destra dà prova di grande creatività politica. L'idea è quella di istituire una “Carta di soggiorno a punti”: per ogni reato commesso verrebbe scalato un punteggio in misura proporzionale alla sua gravità. Finiti i punti, l'immigrato vincerebbe un viaggio di sola andata per il confine di Stato.
Su questo tema l'UDC non si espone, limitandosi a sottolineare l'importanza di un'espulsione “effettiva e celere” per tutti gli immigrati autori di reati.
Tratteggiate con qualche vaghezza ed imprecisione le politiche di ingresso, regolarizzazione ed espulsione, i partiti si spingono anche ad affrontare il tema dell'integrazione. Come detto, essa può essere definita in termini economici, civili, o culturali. L'ambito dell'integrazione civile è trattato dai partiti in primis come problema del “diritto di voto amministrativo”. A favore dell'estensione di questo diritto ai cittadini immigrati residenti da almeno cinque anni in Italia sono la Sinistra, il PD, e l'UDC. Il PDL, considerata l'esistenza al suo interno di chi è favorevole (Gianfranco Fini) e di chi è contrario (la quasi totalità del partito), decide di non affrontare del tutto il tema. In linea di massima, va detto, il quadro appare abbastanza favorevole all'attuazione di una riforma del voto amministrativo, con tre partiti che la appoggiano ed un partito in cui il tema è oggetto di dibattito interno. Forse per questo la Destra chiarisce irrevocabilmente che “ogni tentativo” di garantire il voto agli immigrati andrà impedito “da qualsiasi parte provenga”. Nel tentativo di chiarire oltre ogni ragionevole dubbio la radicalità e la serietà del suo approccio al problema, il programma sottolinea che si deve sancire che il voto amministrativo sia facoltà esclusiva dei cittadini italiani. Considerato, però, che ad oggi hanno diritto a parteciparvi tutti i cittadini europei, un corollario necessario per la Destra sembrerebbe essere la modifica della normativa comunitaria a riguardo, oppure l'uscita dell'Italia dall'UE.
Rispetto all'integrazione sociale e culturale, i partiti si dividono secondo schemi abbastanza prevedibili. La differenziazione fondamentale sta sul concetto stesso di cultura: tutta la ex Casa delle Libertà, PDL e UDC, fa riferimento tanto alla “tradizione” quanto alla “questione linguistica”. Il PDL si spinge ad affermare che non solo le scuole e le associazioni, ma persino gli “oratori” dovrebbero favorire l'integrazione culturale, e per questo dovrebbero essere pubblicamente finanziati. Se dunque per PDL ed UDC la cultura è “tradizione”, “lingua” e persino “religione”, per il PD essa è da intendersi nei termini di “tradizione civile”. Ecco dunque che il partito di Veltroni propone un “patto di cittadinanza” con al centro i valori fondanti della Costituzione. L'integrazione linguistica rimane fondamentale anche per il PD, ma essa va abbinata all'integrazione “sociale”. I messaggi di Sinistra e Destra si discostano profondamente da queste idee. Per la Destra l'integrazione non è possibile, perché l'identità è un concetto primigenio che non può essere condiviso, ma va piuttosto difeso. Per la Sinistra l'integrazione è sbagliata, perché l'obiettivo è quello di giungere ad una società multiculturale fondata sullo scambio fra storie e culture diverse. L'integrazione possibile è solo quella civile, per il partito di Bertinotti, nella misura in cui si condividono tra membri di culture diverse le battaglie per i diritti sociali ed economici.
Un'ultima questione che riguarda il tema dell'immigrazione è quella della riforma della normativa sulla cittadinanza. Il principio dello jus sanguinis è da rivedere tanto per il PD quanto per la Sinistra. L'introduzione del principio dello jus soli garantirebbe a tutti i bambini nati in Italia di essere considerati a tutti i diritti italiani. A questo riguardo tanto l'UDC quanto il PDL tacciono. Non tace, ma anzi si scaglia con livore contro i “riformisti” la Destra. Come ultima prova di spirito creativo ed artistico nell'intervento politico, il partito della Santanchè, di Storace e di Teodoro Buontempo propone che la cittadinanza non ottenuta per nascita possa essere revocata in caso di “fatti gravi e comprovati motivi”. Con questo progetto legislativo, ed in totale coerenza con il resto del programma sull'immigrazione, la Destra chiarisce che il migrante non potrà mai aspirare ad una cittadinanza piena, neanche se avesse toccato il suolo italico fin dal secondo giorno di vita: egli è e resterà un non-italiano, un cittadino inferiore.
Per trarre qualche conclusione da questa rassegna, che sarà apparsa caotica ed imprecisa come del resto caotici ed imprecisi sono i programmi oggetto di analisi, è possibile individuare due tipologie di programmi. Da una parte vi sono i partiti che aspirano a vincere le prossime elezioni, PD e PDL, che sviluppano un approccio più pragmatico. Da sottolineare lo sforzo del PD di elaborare proposte innovative, anche se in alcuni casi forse solo semantiche. Il PDL sviluppa pochi slogan piuttosto generici sul tema immigrazione, che comunque hanno il pregio di essere immediatamente leggibili da parte del suo elettorato. Dall'altra parte, stanno quei partiti, la Sinistra e la Destra, che scelgono un approccio più ideale e meno pragmatico al problema immigrazione. Non che i punti di contatto metodologico tra i due partiti siano molti. La Sinistra, aldilà di un'affermazione ideologica forte, sottolinea con il suo programma una conoscenza approfondita del fenomeno migratorio, e le sue proposte sono radicali ma (con alcune eccezioni) spesso non del tutto irrealizzabili. L'approccio della Destra è invece sostanzialmente anti-moderno: ciò che propone è un ritorno ad un concetto di nazione/comunità che è stato indebolito dal progresso economico e sociale: la migrazione è un sottoprodotto di quest'ultimo e va per questo fermata con ogni mezzo. In medio stat vacuum: l'UDC si espone poco e quando lo fa sceglie l'imprecisione e la vaghezza per descrivere il suo atteggiamento nei confronti del problema immigrazione.
correct. 10+