L'inefficienza dell'efficienza
Il mito dell’efficienza imperversa lungo tutti gli studi universitari degli economisti, riempie la bocca dei professori che non hanno mai lavorato un giorno in vita propria e imperversa lungo le slides aziendali e le consulenze sui processi organizzativi pagate fior di quattrini.
Quei disgraziati dei dipendenti pubblici, invece, immersi nelle scartoffie bloccano il Paese che altrimenti correrebbe snello come una gazzella.
Entriamo brevemente nel merito della questione: l’opinione di chi scrive è che come tutti i miti anche questo si debba necessariamente ridimensionare e rientrare nei ranghi della realtà.
Rendere un processo efficiente viene generalmente tradotto nelle diffuse prassi aziendali nell’affidare il compito ad un ufficio interno, appositamente creato, che si occupi di Analisi dei Processi dell’Organizzazione o di qualche cosa del genere, avvalendosi di costose consulenze esterne, attraverso le quali si crede che il processo possa venire estrinsecato dagli occhi di chi lo compie e osservato dall’alto della competenza teorica di chi, tale processo, non ha mai né visto né vissuto.
Pertanto la prima tappa è il necessario feed back dell’ufficio competente, per cui il dipendente inetto e sfaticato si trova a dover compilare una ingente mole di questionari ove racconta ciò che fa e rende disponibile ai consulenti le ‘informazioni’ necessarie a sviluppare l’analisi, con il grado di dettaglio da essi richiesto e che rispecchia non il processo reale ma come esso dovrebbe essere. Già si scorge un punto di inefficienza: cercare di comprendere in base a ciò che dovrebbe essere impedisce di cogliere i punti che potrebbero essere effetivamente migliorati.
A seguito dell’analisi di questi dati i consulenti sono in grado di pensare un diverso processo, ritenuto più efficiente, che viene imposto al suddetto dipendente, che da ozioso e perditempo ora magari si incazza pure perché gli viene modificato il modo di lavorare da parte di gente mai vista né conosciuta e che pur lavorando meno guadagna molto di più.
L’imposizione del processo al dipendente pubblico in questione viene dunque eseguita senza conoscere le reali esigenze del lavoro pratico (in merito al quale si fa riferimento al solo questionario compilato) ed ha effetto non solo sul dipendente sempre più convinto di avere un cronico mal di testa ma anche sugli utenti, aziende e cittadini, interessati da tale funzione pubblica che si trovano a subire le lentezze del processo di adeguamento.
Il quale processo di adeguamento si potrebbe di certo efficientare, ed allora via lungo la giostra del nuovo giro di consulenze.
Morale. La morale è che se il dirigente del suddetto dipendente sapesse che lavoro deve svolgere il proprio ufficio potrebbe confrontarsi con il pigro dipendente che sarebbe ben contento di ottenere lo stesso risultato con un minore sforzo e di andare incontro alle esigenza dei cittadini senza attendersi la mannaia del capo che gli si abbatte sulla testa in virtù della circolare k prot x di cui alla delibera n tabella q rigo 6, non modificata dal regio decreto ma ancora in vigore per assenza di successivo regolamento attuativo.
La verità è che chi più si riempie la bocca lo fa perchè più riesce a riempirsi le tasche parlando molto: nella società dell'immagine, nel mondo dell'immateriale, chi fa più rumore cancella il flebilo filo di voce di chi, ogni giorno, deve combattere contro la carte e le file di files che nessuno gli ha mai insegnato.
Il sistema delle consulenze mostra l'inettitudine delle classi dirigenti del nostro Paese, che non sono in grado di rendere funzionante la nostra Amministrazione ed il nostro modo di lavorare e si giustificano scaricando in basso le colpe ed in outsourcing le responsabilità. Così facendo impediscono un reale miglioramento della qualità delle persone che lavorano davvero e che si trovano a doversi difendere senza strumenti di fronte alle nuove sfide che il nostro Paese deve affrontare.
Per viaggiare occorre gonfiare gli pneumatici, ma forse il tema del viaggio non è quello che interessa chi guadagna stando fermo. Pagheranno i figli degli italiani, quelli che non nasceranno mai.