Dall'ideologia al marketing: vinca il migliore
Nelle prime campagne elettorali in Italia, a partire da quella del 1948, i messaggi di propaganda politica erano estremamente chiari e ricalcavano le ideologie dei partiti poiché si focalizzavano sull'ostilità verso un nemico e sullo scontro ideologico-religioso.
Ad esempio un manifesto del partito della Democrazia Cristiana raffigurava il divorzio come un'insidia, simbolizzata da un serpente, che minacciava la famiglia e che, solo il voto cristiano, rappresentato da un temibile pugnale, poteva eliminare.
In questo modo gli elettori non avevano difficoltà ad individuare ed identificare il loro gruppo di appartenenza.
Nel corso degli anni, con l'evoluzione dei mezzi di comunicazione, le cose sono cambiate e in Italia per dare l'idea di coerenza e unità si è promosso il processo di personalizzazione dei partiti promuovendo gli stessi attraverso i propri leader fino ad arrivare alle ultime campagne elettorali in cui ci sono stati confronti diretti tra due polarità.
In questi ultimi anni siamo passati dall'informazione ideologica alla conoscenza dei protagonisti e gli slogan sono diventati sempre più ambigui, perché lo scopo non è informare ma assicurarsi quanti più consensi possibile.
Un chiaro esempio sono gli slogan delle elezioni del 2001, che promettevano così il futuro aumento dei posti di lavoro alla loro vittoria:”Un impegno concreto: un buon lavoro anche per te”; “Piena e buona occupazione. Ecco il nostro primo obiettivo”. Riuscite a dire a quale schieramento politico appartenevano? A Forza Italia o all'Ulivo? Rispondere è difficile.
In quelle elezioni vi fu la prima evidente personalizzazione del confronto politico. [1]
Gli studi compiuti sui comportamenti di voto dimostrano come oggi elettori si focalizzano maggiormente sulle caratteristiche di personalità dei leader piuttosto che sui loro programmi.
Nelle scorse elezioni (Prodi vs Berlusconi) gli italiani è un po' come se avessero pensato “più mi assomigli, più posso fidarmi di te”, ed hanno votato in base alle percezioni di somiglianza fra loro e i leader delle coalizioni e, proiettando nei candidati quelle che ritenevano le loro parti migliori, si sono identificati con quelle che ritenevano più attraenti.
Gli elettori di centro-destra hanno visto il loro leader allegro, attivo, moderno, dinamico, determinato ed energico; mentre gli elettori di centro-sinistra sincero, leale, generoso ed efficiente.[2]
Così come accade per un prodotto di consumo, i politici offrono nel mercato politico, attraverso tecniche psicologiche e strategie espressive, un profilo di sè in cui più persone possibili possano identificarsi e proiettarvi le loro parti migliori.
Questo processo, definito marketing elettorale, ha incrementato la spettacolarizzazione della politica e l'adattamento dei temi politici al mezzo mediatico per cui nella comunicazione politica il linguaggio iconico prevale su quello verbale e il personaggio sulla bontà delle sue argomentazioni.
Ma quante persone si possono persuadere attraverso i media? E soprattutto quali sono le persone che si lasciano convincere?
Innanzitutto le persone maggiormente interessate ai temi della politica sono quelle che hanno un orientamento abbastanza definito, inoltre hanno una esposizione selettiva, poiché, accordano il loro consenso ai messaggi della parte politica in cui si riconoscono e trovano controargomentazioni critiche sui temi della parte avversa.
In queste condizioni è davvero difficile che gli argomenti veicolati dai media provochino cambiamenti sui comportamenti di voto su questa fascia di persone.
A lungo termine l'esposizione ai contenuti mediatici, indirizzando l'attenzione dei suoi fruitori su alcuni temi piuttosto che su altri, può influenzare l'attribuzione di importanza alle diverse questioni.
Contrariamente, le persone poco interessate alle questioni politiche dedicano molto meno tempo ad informarsi su questi argomenti ed in genere non hanno un orientamento ben definito. Questi sono i votanti indecisi che si risolvono negli ultimi giorni della campagna elettorale sulla base di indici periferici (tutti gli elementi che contribuiscono a costruire l'immagine di uno schieramento e del suo leader); decisione che può essere riformulata in altre occasioni elettorali.
È proprio su questa fascia di popolazione che la comunicazione politica può avere il suo effetto persuasivo[3]: il poco interesse insieme alla mancanza di convinzioni politiche e ad una massiccia esposizione ai media costituiscono il terreno più fertile in cui la persuasione può insinuarsi e dare i suoi migliori frutti.
Non bisogna sottovalutare il fatto che spesso le persone indecise fanno riferimento alle scelte politiche delle persone che hanno vicino per decidere.
Considerando che gli indecisi sono stati stimanti il 20% della popolazione votante, viene da chiedersi quanta parte di questo 20% sia costituito da persone disilluse dalla politica e probabilmente persuadibili e quanta invece da persone che stanno valutano criticamente le informazioni che giungono costantemente dai media.
Una maggiore consapevolezza sulla comunicazione, i meccanismi di decisione e le possibilità di persuasione sono utili per poter inventare altri modi di fare e di comunicare la politica.
[1] Di Maria F., Di Stefano G., Lanza Cariccio K. (2006), Dall'ideologia all'immaginario passato e presente della comunicazione politica da Psicologia contemporanea, 195, 30-33 Giunti, Firenze.
[2] Caparra G.V., Vecchione M., (2007) Ti voto perché sei un po' come me da Psicologia Contemporanea, 200, 74-80 Giunti, Firenze.
[3] Cavazza N., (1997) La persuasione nella politica da Comunicazione e persuasione, 67-77, Il Mulino, Bologna