Viaggio al termine della notte
La religione della bandiera sostituì prontamente quella celeste, vecchia nuvola già sgonfiata dalla Riforma e condensata da tempo in salvadanai episcopali
Forse stiamo parlando di un pazzo. Ma la vertigine creata, ed in parte vissuta in prima persona, da Louis-Ferdinand Cèline, è una di quelle con cui il '900 non ha ancora avuto il coraggio, per chiudere definitivamente una partita iniziata nel lontano 1932, con Viaggio al termine della notte.
Decorato con la croce di guerra e congedato nel 1915 per invalidità, viene assegnato all'ufficio visti del consolato francese a Londra. In questo periodo, Cèline inizia a frequentare assiduamente gli ambienti della prostituzione londinese, dove incontrerà la sua prima moglie, dalla quale si separerà dopo pochi mesi. Terminata questa breve parentesi britannica, è la volta dell'Africa: nel 1916 per conto della Compagnie Francaise Shanga Oubangui, Cèline inizia a dirigere una piantagione di cacao in Camerun. Dopo neanche un anno, distrutto dalla malaria rientra in Francia, dove nel 1918 si iscrive alla facoltà di Medicina, per laurearsi nel 1924, alla soglia dei trent'anni. Conoscendo in prima persona il dolore della malattia e le ferite della guerra, Cèline scelse di diventare il medico dei poveri a Montamartre, ammalandosi come cantava De Andrè, della stessa malattia dei suoi pazienti.
I suoi romanzi, da Viaggio al termine della notte a Morte a credito, rappresentano una novità ed uno scandalo assoluto nel panorama letterario dell'epoca: le umane “schifezze”morali e corporee, sono seguite fin nei loro nascondigli più reconditi e sezionate da un medico capace, il gergo turpe è ironicamente sorretto da un impianto lirico, mentre gli interminabili monologhi, sincopati e deliranti, che costituiscono la trama dell'intera opera celiniana sono sorretti da una punteggiatura anch'essa delirante, ma mai casuale.
I critici, per una volta concordi ai non addetti ai lavori, riscontrano in Viaggio al termine della notte uno dei libri più importanti del secolo scorso, tuttavia, la fortuna non soltanto letteraria di Cèline si arrestò bruscamente alla fine della Seconda Guerra Mondiale: accusato di antisemitismo venne condannato all'esilio, dalla sua Francia, che nel frattempo aveva maturato una grande fretta di chiudere i conti con un passato prossimo non proprio cristallino.
L'antisemitismo, molto diffuso a Parigi all'inizio della guerra, era ormai passato di moda, e gli scrittori di sinistra, capeggiati dall'onnipresente Jean-Paul Sartre, chiesero con successo la testa di quello che ormai era definito un collaborazionista. Passato in pochi anni da orgoglio letterario dei francesi a reietto sociale, Céline morirà nel 1961 nell'assoluta indifferenza; mentre le sue opere, ignorate da tutti i libri di testo europei, seguirono per la “qultura” del tempo, la triste sorte del loro autore.
A breve, uscirà in Francia un volume che raccoglie cinquecento lettere scritte dall'autore di Morte a credito, composte tra il 1936 ed il 1961, e che, di fatto, ripercorre quasi interamente la carriera letteraria di questo scomodo medico-artista. L'auspicio, è che questa lettura possa esplicitare ai tanti detrattori di Céline, come di fatto, il suo nichilismo fosse omnicomprensivo, e quindi, indifferentemente indirizzato a vincitori e vinti.