L'importanza di chiamarsi Ugo
Fiocco azzurro in casa Agnelli: è nato il figlio di John Elkann e Lavinia Borromeo; i genitori hanno deciso di chiamarlo Oceano, sottolineando che in greco il nome significa “immensità”. Una scelta indubbiamente originale, un nome forse un po' altisonante ma meno esotico di tanti altri, come Chanel Totti ad esempio. Per un genitore la scelta del nome del proprio pargolo non è sempre facile.
In Freakonomics, provocatorio saggio del brillante economista Steven D. Levitt, le domande insolite e le risposte sorprendenti e sconcertanti sono tante: Cosa accomuna maestri elementari e lottatori di sumo? Come mai gli spacciatori vivono ancora in casa con la mamma? Come si fa a paragonare il Ku Klux Klan a un'accolita di agenti immobiliari? Ma è un capitolo in particolare, forse il più banale, che mi ha incuriosito: Con qualsiasi altro nome, la mia Samantha sembrerebbe altrettanto carina?
Levitt si interroga sulla prima importante scelta di un genitore: il nome del figlio, lasciapassare per un brillante futuro o condanna a vita all'insuccesso. Levitt descrive la vicenda di Robert Lane che decide di affibbiare a due dei suoi figli dei nomi bizzarri: Winner Lane (tradotto: strada vincente) e Loser Lane (strada perdente); “…se da una «strada vincente» non ci si poteva attendere altro che successi, che dire di un poveretto che ha la disgrazia di chiamarsi «strada perdente»?”[1].
Ma avevo sentito già da qualche altra parte un discorso sull'importanza del nome e, soprattutto, su quale fosse il nome migliore da scegliere per un figlio.
Ricomincio da tre[2] di Massimo Troisi, senza dubbio tra i film comici (ma comico è riduttivo) più geniali del cinema italiano, contiene a tal riguardo dei preziosi consigli.
La scena finale è indimenticabile[3]: lei dice a lui di essere incinta ma di non avere certezza su chi sia il padre, gli chiede se accetta il figlio. Lui, apparentemente contrariato, chiede a sorpresa in modo timido ed impacciato come dovrebbero chiamare questo figlio. Lei dice “Massimiliano”, lui reagisce con una serie di no dicendo che uno con un nome così lungo non può che crescere scostumato: richiamandolo per qualcosa che non dovrebbe fare non si riuscirebbe neanche a finire di dire il suo nome che lui già è scappato via. Invece un secco “Ugo”, o al massimo “Ciro”, proprio per non farlo venire troppo represso, detto in modo deciso e autoritario non può che giovare all'educazione del piccolo.
Un'analisi meno scientifica di quella esposta da Levitt, ma indubbiamente più semplice e diretta.
Per la cronaca: Levitt riporta che Loser Lane (il “perdente”) dopo una laurea al Lafayette College in Pennsylvania, è entrato nella Polizia di New York diventando sergente; Winner Lane (il “vincente”) ha invece collezionato trenta arresti per furto con scasso, violenza privata, violazione di domicilio, ecc… .
Del futuro del piccolo Oceano Elkann Agnelli non possiamo sapere ovviamente ancora niente…si vedrà.
I genitori si interrogano: quale è il nome migliore per mio figlio? Ma la domanda sorge spontanea: nomen est omen?
[1] Levitt S.D., Dubner S.J., “Freakonomics: il calcolo dell'incalcolabile”, 2005, Sperling & Kupfer Editori.
[3] Si consiglia la visione della scena http://it.youtube.com