Una storia d'altri tempi
Vorrei raccontarvi una storia fatta di canottiere e vessilli, il cui epilogo è stato scritto pochi giorni fa all'ombra delle due torri, in una città che per tutti gli anni novanta ha rappresentato l'olimpo della pallacanestro italiana, Bologna, o come la chiamavano allora gli appassionati: basket city.
Il protagonista di questa vicenda d'altri tempi è Gianmarco Pozzecco, cestista che dopo aver vinto con la Pallacanestro Varese il campionato italiano e la Supercoppa nel 1999, e a seguito di una breve ed infelice parentesi statunitense, nel 2002 approdò felicemente a Bologna, in sponda Fortitudo.
La pallacanestro professata dal folletto di Gorizia, si discostava pesantemente dai canoni dettati dai grandi play-maker del passato: creatività, tiri forzati e visione di gioco ne fecero ben presto una croce per gli allenatori, e una delizia per i tifosi. La mosca atomica, come venne soprannominato per i soli 180 cm che muoveva in modo frenetico per il campo, aveva dato una spallata ai moduli classici di gioco, portando, insieme a Cecco Vescovi ed Andrea Meneghin, lo scudetto a Varese: un' impresa, che a inizio campionato, gli addetti ai lavori ritenevano impossibile.
L'avventura Bolognese, animata da un grandissimo e reciproco feeling con la città ed i tifosi, se da un lato ha rappresentato l'apice della carriera di Pozzecco, ha dall'altro testimoniato del suo carattere: imprevedibile ed eccentrico. E' appunto a causa di queste intemperanze, che la Fortitudo decise di esonerarlo nel 2005: la goccia che fece traboccare il vaso si perde in un time-out che lo vide strappare di mano all'allenatore la lavagnetta degli schemi.
Questo episodio, insieme ad altri che contribuirono a creargli la fama di giocatore ingestibile, lo portarono ad una sorta di esilio forzato: ha militato nella seconda divisione spagnola, e in seguito, in un'improbabile squadra moscovita.
Dopo gli anni trascorsi all'estero, le carte perché questa potesse essere l'estate del Rientro, c'erano tutte: Claudio Sabatini, presidente della Virtus Bologna, aveva offerto al giocatore, ormai trentacinquenne, un lusinghiero contratto insieme alla possibilità di giocare l'Eurolega. L'offerta era allettante, quasi imperdibile: rientrare da protagonista in una città che conosce e di cui, fatto salvo l'esonero, conserva un bel ricordo e un discreto numero di amici, ma soprattutto, la possibilità offertagli dalla Virtus di giocare nella più prestigiosa delle competizioni Europee. Un ipotetico sigillo ad una brillante carriera.
Ma trascorsi un paio di giorni dalla generosa offerta d'ingaggio, è arrivata la risposta negativa del giocatore: Pozzecco, dopo aver ringraziato Sabatini, ha spiegato che con indosso la canotta bianco e nera, proprio non riusciva a vedersi…
Sembrerebbe una storia di bandiere, la quale, ai giorni nostri può riuscire incomprensibile a chi non abbia mai respirato il clima infuocato che animava i derby; un clima capace, pur nei limiti della sana competizione, di sezionare Bologna in due metà speculari. Gli sfottò accompagnavano per settimane i tifosi della squadra perdente: scuole, bar, uffici, i malcapitati non erano al riparo in nessun luogo, le voci e le maglie appositamente ideate di volta in volta dai vincitori erano di monito ai tanti che aspettavano la prossima occasione per replicare. Il venerdì pomeriggio la città si fermava, in attesa del verdetto del sabato e delle fantasiose coreografie che richiamavano le sconfitte più cocenti. I giocatori di entrambe le sponde erano contagiati da questo clima elettrizzante, e sapevano che al derby, dove spesso era in gioco il primato italiano oltre a quello cittadino, proprio non si poteva steccare.
Forse Pozzecco ha ricordato l'emozione e gli umori di un PalaAzzarita gremito, o più semplicemente non ha voluto commettere un torto nei confronti dei suoi vecchi sostenitori, la cosa certa invece, è che rifiutando un'offerta che difficilmente si potrà ripetere, ha dimostrato, a scapito del caratteraccio, di possedere quella dignità che oggi nel mondo dello sport è una moneta veramente rara.
La scelta, a prescindere dall'occasione persa, sembra essere stata quella giusta: se metà Bologna è sollevata nel non dover bollare come traditore una delle sue vecchie glorie, l'altra metà risparmierà l'onta di dover tifare per un giocatore che fino all'altro giorno infamava.