Mi costi un occhio della testa
[1]L'esclusivo ristorantino multietnico, inaugurato dopo la legalizzazione del mercato degli organi, propone il seguente menù:
- Antipasto di fegatelli di veneziano,
- Testicoli di congolese saltati in padella,
- Rognoni di nepalese in salsa agrodolce con contorno di occhi colombiani,
- Cervella fritte di cinese [2].
Il ristoratore garantisce la qualità e la freschezza dei piatti proposti, assicurando che tutti gli organi vitali sono stati acquistati post-mortem mentre quelli non vitali (occhi, reni, testicoli) reperiti con regolare contratto di compravendita.
Mentre Hannibal Lechter si lecca i baffi, i molti, in preda a conati di vomito, si dirigono indignati verso la pizzeria più vicina.
Libero da sentimenti paternalistici, l'economista ad hoc si astiene da giudizi moralistici e ipocriti sui i gusti e le preferenze della gente, non si pronuncia su cosa sia gusto o sbagliato, non punta il dito contro il perseguitato di turno (oggi i cannibali, domani necrofili e zoofili). L'economista ad hoc, per massimizzare l'utilità derivante dal pasto, si limiterebbe a consigliare di accompagnare le portate con un bel bicchiere di sangue di vergine. Vatti a fidare, coi tempi che corrono.
Perchè impedire alle persone bisognose di un organo di acquistarlo sul mercato? Ma ugualmente, perchè vietare ai cannibali di comprarsi un po' di carne umana da un venditore consenziente? D'altronde, in condizioni di libero e completamente informato scambio, avremmo una persona soddisfatta (l'acquirente), una persona più ricca (il venditore) e, magari, un ristoratore che ha trovato lavoro (l'intermediario).
Come per molti mercati neri e attività illegali, le argomentazioni a sostegno della legalizzazione si possono raggruppare in due categorie.
La prima, una giustificazione apparentemente pragmatista, suona più o meno così: “Che ci piaccia o meno, il mercato illegale esiste e continuerà ad esistere ed è ora in mano alla criminalità. Tantovale quindi renderlo legale, regolarlo e tassarlo, per il bene di tutti.”.
Dovremmo forse dedurre che il mezzo migliore per combattere la criminalità è rendere tutto legale? Anche la Camorra esiste a prescindere dalle leggi; meglio legalizzare pure quella? Immaginatevelo: firmare un bel Protocollo di Secondigliano in cui si stabilisce un mercato degli MPTS (Murder Permit Trading Scheme) così da minimizzare il numero annuo di omicidi di stampo camorristico; con un sistema cap and trade ci assicureremmo che gli omicidi vengano commessi da chi ne fa miglior uso e garantiremmo allo stato qualche introito. Di lì a breve, trattandosi di un mercato legale, seguirebbe la nascita del mercato dei titoli dei derivati camorristici. Sui giornali finanziari potremmo controllare il prezzo di mercato dei “futures sui permessi di omicidio” scambiati al Naples Mercantile Exchange. E la prossima O.P.A. di cui leggeremo sarà sulla Di Lauro & Family S.p.A.
A chi pensa che si stia facendo dell'ironia: pensate sia così improbabile, in un mercato legalizzato dei reni, comprare tramite il nostro promotore finanziario di fiducia un bel future su un rene iraniano? Alla faccia del libero mercato, direbbe quello.
La seconda argomentazione pro-mercato, un dogma economico più che altro, sostiene che dove c'è un willing buyer (un potenziale acquirente) e un willing seller (un venditore consenziente e consapevole), il libero mercato è il mezzo più efficiente e le controparti dovrebbero essere lasciate libere di negoziare le proprie posizioni per aumentare il proprio benessere.
Le argomentazioni sono certo accattivanti e razionali, ma esistono ancora (per fortuna) casi in cui la contrattazione tra le parti è vietata anche se potrebbe migliorarne la posizione.
Un imputato non può comprare per esempio la sentenza del giudice; alle elezioni non è possibile acquistare il diritto di voto altrui. Allo stesso modo, un bambino non può essere venduto, ma può essere adottato (in termini molto più freddi, venduto a prezzo zero).
Tutti i casi in cui un contratto tra le parti non è realizzabile ne' implementabile.
Potremmo sostenere che il mercato degli organi è oggi vietato in Europa a causa di ragioni morali; ma da buoni economisti ad hoc concentriamoci sugli aspetti economici. A quelli che “dove c'è domanda c'è offerta”, facciamo notare diversi tipi di ostacoli alla creazione di un efficiente mercato legale dei reni.
Innanzitutto, liberalizzare il mercato potrebbe avere ripercussioni negative sulla qualità del prodotto scambiato. Finché una cosa la si dona, non lo si fa per soldi. Ma quanto si prezza un bene, allora sorgono problemi di selezione avversa. Già Ackerman aveva affermato negli anni settanta che la vendita di sangue (invece che la donazione) avrebbe aumentato la quantità di sangue infetto in circolazione. Con tutti i rischi e i costi del caso.
Ma allo stesso modo, come prezzare un rene?
Tenendo conto del potere di acquisto delle varie monete in paesi diversi o secondo un tariffario internazionale con minimi e massimi di prezzo imposti? Un tariffario internazionale, per incentivare anche i paesi ricchi a partecipare (come venditori) al mercato, fisserebbe un minimo di prezzo necessariamente troppo elevato per il congolese medio rendendo quindi il mercato un luogo di nicchia; permettere diversi prezzi in diversi paesi produrrebbe differenziali di prezzo elevatissimi tra paesi. In entrambi i casi, invece che contrastare il mercato nero, si getterebbero le basi per la sua sopravvivenza. Ci sarebbe comunque un posto dove nullatenenti e compratori in cerca di prezzi più vantaggiosi scambiano un organo per pochi soldi, noncuranti di regole sanitarie, minimi di prezzo ed etica.
Nel mondo perfetto Domanda e Offerta fanno sempre pace con l'aiuto del Signor Prezzo.
La legalizzazione della compravendita di reni dovrebbe, in teoria, aumentarne la domanda guidando quindi al rialzo il prezzo del bene in questione per incentivare l'offerta (e per la gioia dei venditori).
Ma il lato dell'offerta? Chi ci garantisce che la prospettiva di racimolare legalmente due soldi senza rischi apparenti non risulterebbe in masse di potenziali venditori disperati in coda davanti al mercato del rene?
L'offerta eccederebbe in breve la domanda e il prezzo inizierebbe a scendere.
L'istinto di sopravvivenza (amplificato dall'incentivo monetario) costringerebbe gli ultra-poveri a entrare in questo mercato e privarsi di parti del proprio corpo. Ma questa non è una libera scelta, è una costrizione dettata da condizioni di necessità. Come si può parlare di libero mercato, se una delle parti non è assolutamente libera? Questa è la spiegazione economica per cui i contratti stipulati sotto uno stato di necessità non sono implementabili.
I sostenitori del mercato dei reni danno poi per scontato che una persona con un rene viva bene quanto una persona con due. Pur ammettendo la nostra ignoranza in materia medica, sembra strano che ci abbiano costruiti con organi in eccesso. Se a sei mesi dal trapianto il donatore dovesse morire per insufficienza renale che succederebbe? E se dopo l'operazione il venditore del rene non fosse più in grado di fare lo stesso lavoro che faceva prima?
Otre che a essere immorale, un libero mercato di organi sarebbe inefficiente.
Dal punto di vista dello Stato, come per le droghe o la prostituzione, l'obiettivo è quello di limitare la diffusione di certe pratiche. Difficile darGli torto, se ci caliamo nei Suoi panni.
Liberalizzare certe pratiche, prezzare un rene, e ricavarne denaro, è demoralizzante. Non disdicevole, si badi bene, ma demoralizzante. È demoralizzante sostenere un mercato del genere sapendo in partenza che finirebbe per essere la solita manovra dei paesi ricchi che sfruttano la loro posizione privilegiata davanti a chi non ha nulla, nascondendosi dietro alla bandiera del libero mercato e raccontandosi che il welfare totale aumenta.
Altro che liberta. Questo è sfruttamento bello e buono della miseria della gente. Come non rendersi conto che quello che alcuni chiamano libero mercato sono in realtà le nuove forme di schiavitù del nostro tempo.
[1] Ringraziamo Philippe Bracke ed il suo blog per aver reso possibile l'incontro tra Epistemes e l'Arengo.
[2] Il seguente prodotto potrebbe essere surgelato a seconda delle stagioni.