Videogames: non semplici giochi
Una volta considerati giochi per ragazzini, i videogames hanno oggi un successo dilagante, con un mercato che rappresenta uno dei motori trainanti dell'economia statunitense e non solo: un giro d'affari nel 2004 superiore a 8 miliardi di dollari[1].
Soprattutto i simulatori e giochi di strategia hanno contagiato negli ultimi anni un pubblico sempre più maturo, abbandonando la tradizionale nicchia di teenager e coinvolgendo individui precedentemente del tutto alieni all'intrattenimento videoludico. E' quindi cambiato il giocatore tipo: non più l'hard core gamer, asociale e alienato davanti al computer, chiuso in una stanza buia, ma un animale sociale che vuole interagire con altre persone, anche al di là del gioco stesso, dando vita a solidali comunità; da qui l'enorme successo dei giochi online degli ultimi anni, si pensi al monumentale World of Warcraft. E proprio le nuove funzionalità dei vari Nintendo DS e PSP e i progetti di multi-piattaforma vogliono soddisfare queste nuove esigenze ed incentivare l'utilizzo dei Massive Multiplayer Online Role-Playing Game (giochi di ruolo online), nuova eldorado per le case di produzione, che, tra l'altro, ricevono una fonte di guadagno sicura dagli abbonamenti mensili che gli utenti devono sottoscrivere per usufruire dei servizi online[2]. Vere e proprie porte d'accesso per una nuova realtà tecnologica.
Nonostante recenti studi[3] accusino i videogiochi di incrementare la violenza e di rendere i giocatori meno sensibili alla brutalità della vita reale, c'è chi la pensa esattamente in modo opposto e prova a sfruttare a vantaggio della collettività ciò che di migliore offre un game. A conferma dell'importanza sociale che hanno acquisito i videogiochi negli ultimi anni, numerose sono le iniziative ad essi legati con scopi pedagogici piuttosto che ludici: dall'iniziativa della Polizia di Mexico City “Una pistola per un X-Box”[4], fino al videogame Stop Disasters lanciato dal Segretariato dell'International Strategy for Disaster Reduction (ISDR) delle Nazioni Unite, il cui intento è quello di insegnare ai bambini, ma non solo, come costruire città e villaggi più sicuri contro il rischio di disastri naturali.
E proprio la ricaduta, tecnologica e non solo, su settori non ludici come quello sociale, medico, industriale e militare, assieme a nuovi sbocchi di mercato (in particolare Cina, Corea e India) e un comparto di occupati nel settore estremamente specialistico e in forte crescita, è la chiave del successo che spiega l'incredibile sviluppo degli ultimi anni. E anche in Italia si sono registrati significativi segnali, anche se la produzione rimane quasi nella totalità nelle mani di multinazionali (la realizzazione di un gioco può costare anche 30 milioni), mentre più fiorente è il mercato della distribuzione, vincolato ad una forte frammentazione in tanti negozi su tutto il territorio nazionale, piuttosto che al canale della grande distribuzione.
Pong, gli Invasori Spaziali e i fantasmini di PacMan erano semplice intrattenimento; i videogames di oggi sono qualcosa di più.
[1] Crandall R.W., Sidak J.G., Video Games: Serious Business for American's Economy, 2006.
[2] Ciò non vale però per tutti i giochi.
[3] Carnagey N.L., Anderson C.A., Bushman B.J., The effect of video game violence on physiological desensitization to real-life violence, Journal of Experimental Social Psychology, 2006.
[4] Si veda: Di Russo S., Una Pistola per un Xbox, L'Arengo del Viaggiatore N.16 – 01mag2007