Rigassificatori: la situazione tecnologica
Qualcuno ricorderà Everardo Dalla Noce, storico inviato del Tg2 alla Borsa di Milano. Durante uno dei suoi monologhi, un noto comico ligure se la prese con il giornalista economico, colpevole di aver aggiornato per anni i telespettatori sulla quotazione del barile di greggio senza mai dire quanti litri – e sono circa 159 – possono entrare in un barile.
L'approccio degli organi di stampa, e dei politici, sui rigassificatori è più o meno lo stesso: sono visti o come la panacea di tutti i mali oppure come orrendi mostri, ma raramente qualcuno si prende la briga di spiegarci qualcosa.
La prima cosa che dobbiamo metterci in testa è che la rigassificazione è soltanto il penultimo anello di una catena di operazioni finalizzata alla distribuzione del gas, che comprende:
- Estrazione del gas naturale
- Trasporto del gas, mediante tubazioni di limitate dimensioni, ad un impianto di liquefazione. Tali impianti, così come i terminal di rigassificazione, devono essere facilmente raggiungibili dalle navi metaniere e, quindi, vengono realizzati in zona costiera (impianti on-shore) oppure al largo (off-shore).
- Liquefazione del gas che, dopo alcuni trattamenti di depurazione e disidratazione, viene inviato alle fasi di separazione per frazionamento, di raffreddamento e condensazione ad una temperatura di -161 °C
- Stoccaggio del gas liquefatto (GNL) nelle metaniere. Queste imbarcazioni, dotate di doppio scafo, lo trasportano al rigassificatore mantenendolo a temperature molto basse e ad una pressione prossima a quella atmosferica
- Rigassificazione. Il GNL prima viene portato in fase gas attraverso il passaggio in scambiatori di calore, poi viene compresso ed alimentato nella rete di distribuzione.
Il rigassificatore, quindi, è solo uno step di un processo di distribuzione alternativo a quello che rifornisce attualmente la maggior parte delle case, degli uffici e delle fabbriche della nostra Penisola, e che è composto da:
- Estrazione del gas
- Trasporto del gas mediante metanodotti dal lunghissimo chilometraggio e relativi impianti di compressione e di decompressione
- Immissione nella rete di distribuzione.
La distribuzione attraverso gasdotti è certamente più lineare dal punto di vista tecnico e trasportare il metano in fase gassosa presenta meno pericoli.
Oltre a ciò, il gas distribuito mediante metanodotti è più conveniente, soprattutto se giunge dal Nord Africa o dall'Europa Orientale.
Infine, visto che esiste già una importante rete di condutture nel nostro continente, conviene cercare di sfruttarla al meglio delle sue potenzialità.
Per quel che riguarda il rigassificatore, ed ancor di più l'impianto di liquefazione, va detto che è un impianto complesso ed anche dispendioso a livello energetico ma, se consideriamo l'installazione e la manutenzione, è più facilmente gestibile di un metanodotto che attraversa mari e continenti.
Si tratta quindi di impianti più snelli e, a differenza degli enormi gasdotti che generalmente chiamano in causa accordi fra Stati, possono essere gestiti da grandi gruppi privati.
Un rigassificatore, inoltre, può trattare GNL proveniente da un impianto di liquefazione situato in qualunque parte del globo. Non è così per i metanodotti dove c'è necessariamente un punto di partenza ed uno di arrivo.
Ad oggi in Italia è operativo solo il terminal di Panigaglia, non lontano dalle splendide coste di Portovenere, e la realizzazione di qualche altro impianto sembrerebbe più che sensata poichè permetterebbe di diversificare l'approvvigionamento del metano per far fronte al maggior consumo e ad eventuali momenti di crisi.
Ha lasciato semmai perplessi il fatto che, ad un certo punto, si prospettava la costruzione di una decina di nuovi rigassificatori, numero decisamente spropositato se pensiamo che in tutto il mondo ce ne sono una cinquantina (e per lo più realizzati in Giappone e negli Stati Uniti, Paesi non facilmente raggiungibili da una rete di gasdotti) e che l'attuale capacità mondiale di liquefazione è inferiore a quella di rigassificazione.
Utile sarebbe anche approfondire qualche scelta tecnica adottata negli impianti attualmente in costruzione od in fase di progetto.
I rigassificatori, infatti, sono impianti a rischio di incidente rilevante.
Solo la dicitura fa tremare i polsi, tuttavia una buona impiantistica che tenga conto di tecnologie sperimentate ed affidabili, un'adeguata formazione del personale ed un intelligente sistema di controlli permettono oggi di gestire questi impianti con un ottimo grado di sicurezza. Qualche incidente, con conseguenze pure gravi, c'è stato anche negli ultimi anni, tuttavia ci sono impianti in marcia da decenni che non hanno mai provocato alcunché.
L'attenzione dovrebbe innanzitutto concentrarsi sul fatto che ad oggi non esistono rigassificatori off-shore e l'Italia si sta proprio concentrando su questo tipo di terminal.
Non che un impianto a mare costituisca di per sé un rischio – piattaforme per l'estrazione del gas le troviamo anche in Adriatico – però si tratta di impianti più delicati specialmente per quel che riguarda la gestione di eventuali emergenze.
Da esaminare sono anche le modalità di vaporizzazione del GNL. Fra le soluzioni maggiormente adottate c'è il circuito aperto ad acqua di mare: negli scambiatori circola acqua di mare che, durante la vaporizzazione del gas, si raffredda ed in seguito viene rigettata a mare.
Questa soluzione è economicamente vantaggiosa, ma presenta anche qualche inconveniente: l'acqua, alla fine del ciclo, è più fredda ed in più contiene qualche additivo necessario per proteggere tubazioni ed apparecchiature, e ciò potrebbe avere delle conseguenze sul microclima marino della zona.
Comunque esistono altre soluzioni, magari impiantisticamente più complesse, ma con meno inconvenienti: ad esempio l'uso di un fluido di riscaldamento in circuito chiuso potrebbe rivelarsi un'ottima scelta a patto che le frigorie acquistate nella vaporizzazione del GNL vengano sfruttate come fonte di freddo per qualche altro scopo industriale.