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Scritto da nel Numero 16 - 1 Maggio 2007, Scienza | 0 commenti

La figlia illegittima – seconda parte

Per quale ragione Martin Fleischman e Stanley Pons sono passati alla storia? La risposta è di una semplicità disarmante: la scienza ufficiale li ha accusati di aver dichiarato il falso, ha “dimostrato” l'infondatezza delle loro affermazioni e li ha condannati senza appello. Ci hanno provato, gli è andata male, giusto che paghino. Sembrerebbe essere questa la morale. Da questo punto di vista non è poi così importante che i due abbiano scavalcato il percorso di peer review per convalidare la propria scoperta rivoluzionaria, e l'abbiano anzi annunciata al mondo in una conferenza stampa: il caso Hwang costituisce uno splendido esempio di come si possa passare alla storia per truffatori, avendo pubblicato su una delle più importanti riviste scientifiche.

L'unica differenza, semmai, sta nei tempi: per “smascherare” Fleischmann e Pons sono bastati poco più di tre mesi, mentre per il biotecnologo sudcoreano c'è voluto un anno e mezzo. Questo particolare, che in prima analisi potrebbe sembrare un semplice dettaglio statistico, riveste invece un ruolo cruciale in tutta la vicenda, perché è strettamente legato al caos mediatico provocato dalla conferenza stampa. Tentiamo di capirne i motivi.

Il fragore della bomba sganciata da Fleischman e Pons il 23 marzo 1989 è a dir poco assordante e raggiunge nel giro di poco ore ogni angolo del globo. I due chimici, senza fornire troppi dettagli relativi ai metodi utilizzati, dichiarano di essere riusciti a produrre energia a costo zero. La notizia piomba all'istante su giornali, radio e tv. Se ne parla praticamente ovunque. Tranne che sulle riviste specialistiche. Il motivo è che la comunità scientifica non ha in mano nulla di cui discutere: apparecchiature, dati, metodi sperimentali sono stati infatti soltanto accennati. Gli scienziati non hanno avuto un canale di informazione privilegiato e sono venuti a conoscenza dei fatti nello stesso istante e con le stesse modalità del pubblico. Non hanno a disposizione nulla che vada oltre le parole dei due chimici: difficile avvalorare o sconfessare una scoperta sulla base di un racconto. Cosa fare allora? Fidarsi oppure no? E' questo il paradigma sul quale si baserà il confronto tra gli “inventori” della fusione fredda e il resto della comunità scientifica.

Se diamo un'occhiata ai tempi, scopriamo che nei due mesi successivi alla conferenza stampa, quelli durante i quali le riviste scientifiche tacciono, gli addetti ai lavori non restano con le mani in mano: sono tutti alla ricerca di informazioni. Questo perché una università su due, in ogni parte del mondo, sta allestendo in fretta e furia un laboratorio per ripetere l'esperimento di Pons e Fleischman. Questa fase rappresenta veramente una pagina unica nella storia della scienza perché vede rovesciarsi i canoni stessi della comunicazione. Nel corso delle innumerevoli trasmissioni televisive e radiofoniche dedicate alla vicenda, scienziati e giornalisti discutono alla pari, e molto spesso sono proprio questi ultimi ad avere in mano informazioni preziose che possono essere utili agli esperti. In un clima caotico nel quale l'incertezza regna sovrana, il dato scientifico diventa indiscrezione perché è il giornalismo ad essere diventato strumento di indagine. E' questo il laboratorio nel quale si studia la fusione fredda, questa l'arena nella quale gli esperti si confrontano, questo il contesto nel quale si delinea la spaccatura tra sostenitori e oppositori. La velocità con la quale si formano i due schieramenti e l'estrema ostinazione di entrambi nel portare avanti le proprie argomentazioni non sono certo il risultato di una lenta e razionale presa di coscienza dei fatti, ma riflettono piuttosto l'emotività e l'isterismo del clima mediatico che le ha determinate.

Quando il mondo smette di ruotare, e ci sarebbe davvero la possibilità di confrontarsi sulla base di una prima serie di dati concreti, è ormai troppo tardi: la comunità scientifica è spaccata irrimediabilmente in believers e non believers. I primi sono tutti quelli che dopo un paio di esperimenti non riusciti hanno deciso che Pons e Fleischman sono due imbroglioni; i secondi, molto meno numerosi dei primi, sono quelli che dopo qualche timida indicazione positiva hanno stabilito che la cold fusion rappresenti la fonte energetica del futuro. Forse sono proprio i due appellativi a riassumere meglio di molte argomentazioni non solo l'irrazionalità e la chiusura delle posizioni, ma anche la penetrazione nella sfera scientifica delle logiche e del linguaggio della comunicazione. Si può infatti credere o no alle lacrime di una statuetta, ma non si dovrebbe “credere” o meno alla realtà di un fenomeno fisico.

Per questi motivi la scienza ufficiale deve dare velocemente una risposta chiara e definitiva. La questione va riportata nei binari dell'oggettività che le competono. A chiederglielo è l'opinione pubblica e in gioco c'è la credibilità di tutta la comunità scientifica. In questo senso Fleischman e Pons sono davvero due spine nel fianco. La risposta ovviamente è la più semplice e indolore: le trasmutazioni nucleari a basse energie sono un fenomeno che non esiste. In altre parole la fusione fredda è una bufala. A sancirlo è un report pubblicato alla fine dell'estate del 1989 dal MIT su commissione del DoE. Questo studio è fondamentale perché rappresenta la posizione ufficiale degli Stati Uniti sulla questione.

Sono bastati, dunque, poco più di quattro mesi per mettere la parola fine alla vicenda, un intervallo di tempo molto poco usuale per la scienza, ma tipico, in generale, dei mass media. Se si dà uno sguardo all'andamento del numero delle pubblicazioni scientifiche nel tempo, si scopre inoltre che esso, a meno di un ovvio fattore di scala, somiglia incredibilmente a quello che si registra per ogni notizia destinata far scalpore, ma della quale è difficile verificare fino in fondo l'attendibilità: picco esasperato nei primi mesi, breve stallo, crollo improvviso. Ovvero grande entusiasmo iniziale, fase di assestamento, perdita di interesse. In sostanza la cold fusion non è stato un fenomeno scientificamente verificabile, ma giornalisticamente notiziabile. E quello che può sembrare davvero paradossale è che sono stati gli addetti a renderlo tale. Completamente impreparati ad affrontare una situazione simile, gli scienziati sono stati travolti dalle logiche e dai tempi propri della comunicazione di massa e inconsapevolmente se ne sono appropriati.

A distanza di quasi vent'anni, bufala oppure no, la fusione fredda è tutt'altro che scomparsa dal mondo scientifico. Benché somiglino più a dei giornalisti alla ricerca di uno scoop, sono centinaia i ricercatori indipendenti che in diversi Paesi, Italia in testa, proseguono testardamente le proprie ricerche. Sarebbe lo stesso se Pons e Fleischman non avessero indetto la loro conferenza stampa, ma avessero pubblicato il loro lavoro come avevano fatto centinaia di altre volte? Difficile rispondere. Certo è che la scelta dei due chimici ha innescato un meccanismo tortuoso che ha reso impossibile chiarire definitivamente la natura di una questione che, in fondo, alla scienza non è mai appartenuta.

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