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Scritto da nel Numero 12 - 1 Marzo 2007, Scienza | 0 commenti

Sulle meteoriti, tracce di “vita” del carbonio

Le ultime notizie provenienti dallo spazio dicono che il nostro sistema solare era predestinato alla vita. E' quello che sembrerebbe emergere da uno studio eseguito da un gruppo di ricercatori del Carnegie Institution di Washington e pubblicato qualche mese fa su Science. All'interno di una serie di meteoriti, infatti, gli scienziati statunitensi hanno riscontrato la presenza di consistenti quantità di materiale organico, originatosi miliardi di anni fa nello spazio interstellare, o ai confini estremi del sistema solare, quando quest'ultimo era ancora una miscela di gas e polveri.

Come spiega Henner Busemann, il ricercatore responsabile del progetto,“gli atomi di diversi elementi possono assumere in natura forme differenti chiamate isotopi; la proporzione relativa di questi ultimi dipende dalle condizioni ambientali nelle quali si sono formati, quali ad esempio la quantità di calore che li ha investiti e le reazioni chimiche con altri elementi.” Utilizzando un particolare microscopio che ha consentito di ricavare non solo la composizione chimica dei sei campioni analizzati, ma di visualizzare anche l'effettiva posizione dei vari elementi all'interno delle meteoriti, è stato possibile rilevare una serie di anomalie riguardanti proprio la quantità degli isotopi di azoto e di idrogeno. A detta degli studiosi, l'elevata presenza di questi elementi, largamente presenti nella nebulosa dalla quale scaturì il sistema solare, costituisce di fatto l'impronta digitale del carbonio, e permette di attestare le sei meteoriti come le teche che conservano la più antica materia organica in nostro possesso. Gli elementi che costituirono i mattoni originali del nostro sistema solare dunque preservano al loro interno l'elemento su cui si fonda la vita.

Oltre ad avere, come è ovvio, ricadute sul piano cosmologico, lo studio rinnova l'interesse per l'affascinante problematica che ruota attorno all'origine della vita sul nostro pianeta. E gli scienziati statunitensi sembrano esserne ampiamente consapevoli, quando affermano, nelle prime righe dell'articolo, che “questa materia organica può rappresentare un'importante sorgente di molecole prebiotiche, che sono state essenziali per l'origine della vita sulla Terra.” Dunque il gruppo di Washington strizza l'occhio ad una delle teorie più intriganti in gioco nella soluzione dell'enigma, ovvero quella che sostiene l'origine extraterrestre della vita: la cosiddetta panspermia. Bisogna, tuttavia, procedere con molta cautela.

La panspermia affonda le proprie radici nel mondo greco. Più che una teoria scientifica, essa è un'ipotesi: semi vitali sarebbero letteralmente sparsi per l'Universo, e la vita sulla Terra sarebbe scattata dopo il loro arrivo e successivo sviluppo. E' implicito pensare quindi che ciò possa accadere anche su molti altri pianeti, laddove le condizioni lo consentano naturalmente. Come si vede, il margine che una definizione di questo tipo lascia ai suoi detrattori è molto ampio, e le accuse di mancata scientificità sono piovute negli anni, soprattutto quando il ventaglio delle teorie biologiche endogene andava ampliandosi. Tuttavia, da una parte l'insuccesso, o meglio la mancata verificabilità di queste ultime, dall'altra la concreta possibilità di interpretare quei “semi” come specie batteriche di origine extraterrestre, hanno riportato l'attenzione, a partire dagli anni settanta, su una teoria che appariva, ancora a molti, buona per la trama di un film di fantascienza.

Sono in particolare i lavori eseguiti dal grande astronomo Fred Hoyle, a dimostrare per la prima volta che la polvere interstellare e le comete, proprio come le meteoriti del Carnegie Institution, contengono composti organici. Sulla scia del successo di quelle osservazioni, lo scienziato britannico sostiene la possibilità che il ghiaccio delle comete possa trasportare attraverso le galassie specie batteriche proteggendole dagli effetti letali della radiazione. Ipotesi, soltanto ipotesi, si sente rispondere il vecchio Fred Hoyle. Di sicuro per lui sarebbe stata una bella rivincita sapere che nel 1996, terminati i primi studi sulla ormai famosa meteorite marziana ALH84001, tutto lascia supporre la presenza di artefatti causati da batteri extraterrestri.

In realtà anche questa interpretazione diviene subito oggetto di aspre discussioni, e appare ormai chiaro che la ricerca dell'origine della vita costituisce un problema molto più complesso di quanto si sia mai creduto, un percorso in cui variabili considerate indipendenti non lo sono affatto e definire una biotraccia è difficile quanto definire la vita stessa.

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