Pronti all'impatto?
“Non saremo i protagonisti reali di un film già scritto dai media negli ultimi giorni”. Con queste parole Andrea Carusi, direttore della Fondazione Spaceguard che si occupa del monitoraggio riguardante il comportamento orbitale di oggetti cosmici, ridimensiona le previsioni di un impatto certo di Apophis, l'asteroide in avvicinamento alla terra. Le prime osservazioni di questo oggetto cosmico ed i dati da esse ricavati, risalenti al dicembre 2004, preannunciavano infatti una probabilità di impatto relativamente alta attestabile al 2.7%. Si era andati addirittura oltre e la collisione era stata prevista per il 13 Aprile 2029.
Apophis ha un diametro di 350 m ed è il primo oggetto cosmico di tali dimensioni ad avere una possibilità diversa da zero di cadere sulla Terra. Il rischio di collisione con corpi cosmici è nuovo nello scenario dei rischi ambientali. Certo non si può ignorare che da sempre il nostro pianeta sia soggetto ad un vero e proprio bombardamento i cui effetti sarebbero devastanti per la nostra vita, se l'atmosfera non esercitasse una preziosa azione di difesa. Ogni anno, infatti, piovono sul globo terrestre circa 100 mila tonnellate di materia proveniente dallo spazio. Per fortuna si tratta soprattutto di polveri, sassi e palle di ghiaccio.
Come per i terremoti, anche per eventi cosmici, esiste una scala qualitativa del rischio, detta “Torino”, che stabilisce l'indice di pericolosità e dà una valutazione del danno generato dagli impatti di corpi celesti sulla Terra. Nel caso di Apophis la probabilità di collisione dipende dalla composizione chimica e dall'angolo d'impatto, cioè dall'inclinazione della traiettoria del corpo rispetto alla superficie terrestre. Inizialmente la NASA aveva dichiarato che l'asteroide avrebbe liberato un'energia equivalente a 70 mila volte quella prodotta da Little Boy a Hiroshima. Un impatto in mare darebbe luogo ad uno tsunami con onde alte oltre 30 metri, mentre sulla terra ferma i danni provocati sarebbero equiparabili alla distruzione di una città della grandezza di Roma.
“La stima della probabilità di impatto”, sottolinea Carusi, “ è un calcolo complesso e coinvolge sia studi sulla dinamica orbitale dei corpi celesti, sia complicate analisi numeriche dei dati ricavati da una vasta rete di telescopi satellitari. La precisione di queste misure”, continua il direttore di Spaceguard, “ aumenta con il numero di osservazioni nel tempo. In questo modo, a distanza di due anni dalla prima osservazione, i dati in nostro possesso sono più attendibili e ci consentono di valutare una probabilità di impatto dello 0.018% per il 2036, pari cioè ad 1 evento su 5000”.
Stando a questi dati, a cavallo della Pasqua del 2029, l'asteroide passerà a circa 40 mila chilometri dalla superficie terrestre, ad una quota di poco superiore all'altezza dei satelliti geostazionari. Questo passaggio sarà talmente ravvicinato che Apophis potrà essere facilmente osservato persino ad occhio nudo, fatto storicamente mai verificatosi. Come spiega Carusi, motivo di forte interesse scientifico ma non solo, sarà capire “se il passaggio ravvicinato del 2029 avverrà in un particolare punto, detto nodo gravitazionale, che potrebbe alterare sostanzialmente l'orbita dell'asteroide, aumentando il rischio di impatto nel successivo passaggio ravvicinato del 2036”.
Per avere una concreta percezione del rischio e per non essere preda di inutili allarmismi, può essere utile comparare eventi catastrofici con pericoli che corriamo più frequentemente e che hanno conseguenze globali meno gravi. Anche per eventi di questo tipo è divenuta prassi comune impiegare la tecnica applicata in ambito assicurativo per fissare i premi relativi a terremoti ed uragani, moltiplicando la probabilità dell'evento per il numero atteso di vittime. In questo modo si stima che il pericolo dovuto ad asteroidi corrisponde ad un numero medio annuo di vittime pari a 1000, mentre quelle dovute ad incidenti automobilistici, ad esempio, si aggira attorno alle 200 mila.
Nonostante i numeri tendano a rassicurarci, il mondo scientifico veicola progetti internazionali che vanno al di là della sola sorveglianza e del monitoraggio dello spazio. “La fondazione Spaceguard”, conclude Carusi, “si pone come interfaccia tra la ricerca spaziale e istituzioni internazionali come ONU e OCSE, fornendo alla classe politica solide basi scientifiche su cui fondare scelte e decisioni che riguardano tutti”.
La tecnologia spaziale moderna è in grado di sviluppare sonde capaci di atterrare sugli asteroidi e fornire dati sufficienti a prevederne gli spostamenti futuri. L'ESA sta già studiando metodi in grado di deviare le traiettorie degli asteroidi da adottare in caso di elevato rischio di impatto. Questi progetti prevedono, ad esempio, l'impiego di missili nucleari che esplodano nelle vicinanze dell'asteroide frammentandolo o deviandone il corso. Sono però sperimentazioni costose che spesso non colpiscono la sensibilità della classe politica, restia a finanziare scenari tecnologicamente complessi anche se potenzialmente realizzabili.