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Scritto da nel Internazionale, Numero 13 - 16 Marzo 2007 | 0 commenti

Commercio ed integrazione… la necessità del Business!

Guerre, rivoluzioni, cambiamenti di governi ed è sconvolgente vedere come quando si scende nel piccolo tutto sembra cambiare, avere una nuova faccia. Grandi problematiche internazionali si ridimensionano cinicamente se di mezzo ci sono gli affari e guadagnare rimane l'unica azione per la sopravvivenza. È interessante vedere l'impegno, e l'ingegno, delle parti a risolvere problematiche create dai loro governi o dai nemici dei loro governi o dai loro stessi “Dei” cercando di mettere da parte le proprie esigenze e capire quelle del cliente o del partner. Non è sicuramente facile ma quasi sempre l'accordo si trova ed il business trionfa sempre. Tra peculiarità culturali e commerciali, capire le dinamiche di una trattativa a livello internazionale può risultare curioso ed allo stesso tempo importante in quanto a tutti gli effetti è un punto di partenza per una possibile integrazione.

È quello che cercheremo di fare con un'intervista ad un Export Manager di nome George Bassil – Libanese ma con passaporto italiano – che da quasi dieci anni per vivere vende fertilizzanti nei paesi arabi per una ditta italiana da sempre attiva nei mercati esteri.

Alla domanda “Quali sono le più marcate differenze socio-culturali in una trattativa d'affari tra l'approccio arabo e quello italiano?” il manager risponde chiaramente:

“Nei paesi arabi è buona prassi evitare di parlare di argomenti quali la politica e la religione perché hanno delle idee molto diverse dalle nostre ed è facile avere degli scontri su queste tematiche e se ci si imbatte in questi discorsi può accadere che la vendita non si conclude. Gli arabi partono dal presupposto che noi non conosciamo molto la loro cultura e tendono a correggerci.

In una trattativa d'affari con un partner mussulmano è buona norma non portare mai con sé oggetti religiosi quali ad esempio le croci e sotto questo aspetto è bene mantenere sempre un atteggiamento di neutralità. Per quanto riguarda questi argomenti è conveniente essere molto diplomatici perché gli arabi in linea di massima ritengono che la società e la famiglia europee stiano sempre più peggiorando.”

Pronti via, come era facile immaginare gli argomenti tabù sono sempre quelli, ed il primo impatto con quel pizzico di pregiudizio che caratterizza la visione occidentale da parte di un arabo è immediato… ed allora come intrattenere e portare avanti una trattativa? Ci sono modi di fare o di proporsi assolutamente da non utilizzare?

“Diciamo che con gli arabi si può parlare di cucina, di calcio, mostrare apprezzamento per le loro abitudini culinarie. E' bene concentrarsi sul prodotto che si vuole vendere e magari parlare di cultura generale, di turismo e mostrare apprezzamento per la bellezza dei loro paesi. Gli arabi sono generosi, trattano bene gli stranieri, sono ospitali e cercano di venire incontro alle esigenze degli stranieri.

Nei paesi arabi si deve salutare con la mano destra ed evitare di salutare con quella sinistra perché impura. Si possono baciare gli uomini in segno d'amicizia. Non bisogna toccare o dare la mano alle donne, meglio anche non fissarle con lo sguardo.”

Dal punto di vista culturale-lavorativo quali sono le maggiori differenze nel rapporto uomo-donna tra i paesi arabi e l'Italia?

“Questo è un altro aspetto molto importante; ad esempio un Export Manager per i paesi arabi difficilmente potrebbe essere una donna, soprattutto per un settore come quello dell'agricoltura. La concezione della donna nel mondo arabo è molto diversa da quella in Europa. È più che risaputo che in molti paesi mussulmani la donna non ha gli stessi diritti di una donna occidentale e di tanti altri paesi del mondo, in casi estremi come l'Arabia Saudita le donne non hanno la carta d'identità, non possono guidare, passano dalla sottomissione all'autorità e al volere del padre a quella del marito.

Una donna occidentale che va a lavorare in questi paesi deve comportarsi come si comportano le donne che vivono lì. Uomini e donne non hanno pari opportunità sul mondo del lavoro.”

Se le differenze culturali tra “signori” europei e medio-orientali in qualche modo si risolvono o non vengono minimamente portate alla luce, volontariamente lasciate in un angolino remoto, con le “signore” le regole cambiano e non si discute. Sia che giochi in casa o che sia straniera, la donna non ha modo di ricevere il rispetto ed i diritti che merita, costretta al rispetto di comportamenti inammissibili non potendo esprimere la propria personalità prima ancora delle proprie abilità lavorative.

Andando ora un po' più nel tecnico, quali sono le maggiori diversità tra il popolo arabo e quello italiano nel modo di condurre un affare?

“Gli arabi in generale, in una trattativa d'affari tendono a contrattare il prezzo. In Italia è buona norma focalizzarsi sulla presentazione del prodotto e delle sue qualità senza perdere tempo in discussioni sul prezzo ma al contrario, gli arabi sono abituati a contrattare perché è parte fondamentale del loro approccio e della loro cultura. Questa è una delle differenze più marcate tra la cultura europea e quella araba. A noi costa molto in termini di energia ed impegno riuscire a far capire loro che questo comportamento non rientra nella nostra tradizione e nelle nostre strategie di mercato. E' importante far intendere sin dall'inizio che il prezzo che proponiamo è il prezzo migliore, in modo da far comprendere loro la nostra politica aziendale.

In aggiunta, in una trattativa d'affari con i paesi arabi è bene utilizzare il telefono il meno possibile. È bene riportare per iscritto ogni cosa che ci si è detti e confermare via mail o fax; gli arabi tendono a considerare il silenzio come assenso e se non ricevono una risposta per loro in ogni caso quel silenzio potrebbe equivale ad un si.”

Riguardo al pagamento, come si scontrano le due diverse concezioni, se esistono?

E' nell'interesse di ogni azienda cercare di diminuire i tempi di dilazione del pagamento. Noi cerchiamo di incentivare i nostri clienti a pagare anticipatamente anche se non è sempre facile.

Nei paesi arabi normalmente non è possibile applicare interessi per dilazionare ulteriormente i pagamenti perché gli arabi per motivi religiosi sono contrari all'applicazione degli interessi. Alcuni arabi più tolleranti di religione cristiana possono anche accettare gli interessi, ma la maggior parte di loro rifiuta un discorso di questo genere perché per loro gli interessi sono vietati dalla loro religione.”

Dunque senza entrare troppo nei particolari della finanza islamica, secondo la Shari'a, la legge santa islamica, non è ammissibile il pagamento di un tasso di interesse sul denaro dato o ricevuto in prestito (divieto della riba) con l'idea che l'investitore deve assumersi parte del rischio come colui che propone l'investimento. Si tratta dello schema tipico del “profit and loss sharing”, uno schema societario che rappresenta l'alternativa, eticamente lecita, al mero degli interessi tanto nel dare che nell'avere. Il risultato di un approccio simile è che l'interesse non può essere predeterminato e quindi i proventi dei depositi bancari e degli investimenti operativi dalla banca non saranno fissi ma vengono calcolati solo ex-post, in relazione ai redditi realmente conseguiti dalle parti[1].

Punto stimolante per un approfondimento ma non in questa sede. Mi preme, per concludere, sottolineare come se si ha tempo di ascoltare e riflettere, sono tante le novità che si possono conoscere od aggiungere al proprio bagaglio culturale. Se si riesce a mettere da parte il pregiudizio verso un diverso paese è più semplice di quello che si pensa lasciar avvenire il cosi' difficile fenomeno dell'integrazione. Ci vuole sempre molta fiducia nella controparte ed aspettarsi che la stessa faccia si comporti ugualmente nei nostri confronti.

Io ho proposto un approccio prettamente pratico, quello commerciale, che più mi riguarda da vicino. La necessità di dover concludere un affare ci fa essere più pazienti, attendere prima di parlare e non è detto che alla fine della trattativa oltre al contratto si porti a casa qualcosa di più. Non sto a dire che il denaro è l'unica soluzione ai problemi di integrazione razziale, stiamo scherzando, ma mi piacerebbe pensare che l'interesse di un cittadino del mondo di conoscere, rispettare ed apprezzare la cultura altrui sia vista come una necessità: la necessità del commerciante di ingoiare rospi per la firma di un maledetto contratto di fornitura…tutto qui!


[1] “Marketing e Islam INIZIA IL DIBATTITO SU UNA BANCA ISLAMICA IN ITALIA”
di Enzo Mario Napolitano e Giorgio De Battistini

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