Pages Menu
RssFacebook
Categories Menu

Scritto da nel Letteratura e Filosofia, Numero 9 - 16 Gennaio 2007 | 0 commenti

Il neoplatonismo di Michelangelo

“Tu senz'essere costretto da nessuna limitazione, potrai determinarla da te medesimo, secondo quell'arbitrio che ho posto nelle tue mani. Ti ho collocato al centro del mondo perché potessi così contemplare più comodamente tutto quanto è nel mondo. Non ti ho fatto del tutto né celeste né terreno, né mortale, né immortale perché tu possa plasmarti, libero artefice di te stesso, conforme a quel modello che ti sembrerà migliore. Potrai degenerare sino alle cose inferiori, i bruti, e potrai rigenerarti, se vuoi, sino alle creature superne, alle divine.”

Pico della Mirandola, Oratio de hominis dignitate

Nel 1489, all'età di 14anni, Michelangelo fu ammesso alla corte di Lorenzo il Magnifico, allora centro principale di sviluppo e fulcro di diffusione di quella rinascita culturale che nel '500 investì ogni campo della vita umana. A Palazzo Medici, libero da ogni costrizione economica, egli non solo ebbe la possibilità di studiare l'arte anticha attraverso le ricche collezioni della famiglia fiorentina, ma poté frequentare il Giardino di S. Marco, luogo d'incontro dei maggiori intellettuali dell'epoca, messo a disposizione da Lorenzo per favorire lo scambio e la diffusione delle nuove dottrine rinascimentali. Avvenne dunque in tali circostanze il prolifico incontro con due dei maggiori esponenti della dottrina neoplatonica, Marsilio Ficino e Pico della Mirandola, che tanto influenzò la sua formazione d'artista; nasceva difatti in quegli anni, per opera dello stesso Marsilio e con l'ausilio della famiglia Medici, l'Accademia platonica, ideale punto di raccolta di intellettuali, poeti ed artisti che condividevano un rinnovato interesse per la dottrina del filosofo greco riletta in chiave cristiana.

Michelangelo crebbe camminando nel Giardino di S. Marco, si lasciò nutrire dal mito dell'antichità classica, consapevole che compito dell'artista non era la semplice imitazione dell'antico ma la vera e propria emulazione, perseguita attraverso l'assimilazione e la comprensione dei suoi contenuti spirituali, respirò l'aria di quel profondo rinnovamento culturale che voleva l'uomo principio fondante dell'ordine e dell'unità del cosmo, gradino intermedio tra l'essere e Dio, si lasciò permeare dall'ideale platonico di bello, secondo cui la bellezza sensibile altro non è che il riflesso di quella divina, ed infine imprigionò nel marmo il sunto della sua ideologia estetica.

Se nell'opera poetica di Michelangelo si trovano espliciti riferimenti alla dottrina neoplatonica, quali l'ascesi mistica che dalla contemplazione della bellezza sensibile introduce alla fruizione del Bello Assoluto quale è trattato ne il Simposio di Platone, vera e propria opera di culto presso il circolo ficiniano, opere quali il San Matteo (1504-1506, Firenze, Galleria dell'Accademia), rappresentano la testimonianza tangibile del credo michelangiolesco. La spasmodica torsione dell'Evangelista che gonfia e contrae le membra nel tentativo, sembra, di liberarsi dal pesante marmo inerte, riconduce alla concezione platonica dell'anima prigioniera del corpo. Al pari dunque dell'uomo che lotta per liberarsi dal peso della materia e ascendere al divino, San Matteo lotta per liberarsi dal masso e aprirsi alla vita. Secondo tale visione, l'incompiutezza dell'opera, che prefigura il non-finito di molte sculture successive, appare come l'estrinsecazione del violento contrasto fra il moto vitale della forma e l'immota materia.

Arte che si fa filosofia o filosofia che si manifesta nell'arte attraverso le mani di colui che per secoli è stato definito il Genio del Rinascimento italiano. Trovandosi dinnanzi ad una delle opere di Michelangelo, dimentichi per un attimo di ciò che ci circonda, è ancora possibile credere umanisticamente nella Dignità e nella Grandezza dell'uomo. Se il censorio Platone avesse potuto conoscere alcuni dei capolavori michelangioleschi, forse avrebbe mitigato la celebre condanna dell'arte espressa nel X libro de La Repubblica. Difatti, nel momento in cui l'arte non si riduce a sterile speculazione, ma sull'esempio classico torna a farsi strumento di comunicazione di quei valori etici connaturati alla natura umana, è capace nell'atto creativo di concorrere col divino. Michelangelo ne fu mirabile esempio.

Scrivi un commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>