Verso le presidenziali
A inizio mese si sono celebrate le elezioni di “mid-term” negli Stati Uniti che hanno visto l'affermazione del Partito Democratico, oggi all'opposizione del Governo Repubblicano di George W. Bush. La maggioranza al Congresso ed al Senato consentirà ai Democratici, da gennaio, di tenere sotto scacco la politica del Presidente americano per i prossimi due anni, e cioè fino alle elezioni Presidenziali previste per il novembre del 2008.
La campagna che ha accompagnato questa tornata elettorale è stata molto dura, condotta a colpi di spot esplicitamente legati agli scandali sessuali che hanno interessato alcuni membri del Congresso. Solo marginalmente gli obiettivi sono stati le scelte criticate all'amministrazione Bush, anche se all'indomani dell'esito del voto, chi più ha risposto per la sconfitta sono stati i componenti dell'area neo-con del partito Repubblicano. Il Ministro della Difesa Donald Rumsfeld è stato costretto a rassegnare le sue dimissioni, dopo che da tempo non era ben voluto dai Generali sia per la situazione di stallo in Iraq, sia per il piglio autoritario che ha caratterizzato il suo rapporto con i baroni del Pentagono. Altre personalità riconducibili all'area neo-con hanno visto ridotte le loro responsabilità all'interno dell'esecutivo.
Nei prossimi due anni i Repubblicani si giocheranno tutte le carte nel tentativo di superare i Democratici alle presidenziali, probabilmente rivedendo anche alcune scelte fatte, come la permanenza in Iraq ed i rapporti con Corea del Nord ed Iran. I Democratici, d'altra parte, dovranno cercare di concretizzare le tante proposte portate avanti in questa elezione – senza fare troppo conto su scandali e guerra in Iraq – con l'obiettivo di arrivare ad una proposta omogenea e vincente. Uno dei temi sui quali puntare di più sarà , neanche a dirlo, l'economia. La riforma fiscale imposta da Bush e vari problemi produttivi e commerciali per le aziende americane, riconducibili ad un modo errato di affrontare la globalizzazione, hanno infatti portato l'economia americana ad un livello di deficit mai registrato nella storia degli Stati Uniti d'America.
Da gennaio intanto si avrà una piccola rivoluzione per gli Usa. Giacché per la prima volta nella storia, la vittoria dei Democratici ha portato sulla poltrona più alta del Congresso una donna: l'italo-americana Nancy Pelosi. Come una donna potrebbe essere la prossima candidata alla Casa Bianca per gli azzurri dell'asinello. A questo proposito si pronostica, per le future primarie dei Democratici, un testa a testa tra Hillary Clinton (si dice che lei, in verità, il Presidente degli Stati Uniti l'abbia già fatto per otto anni durante i due mandati del marito Bill) e il senatore di colore Barack Obama, giovane promessa del Partito Democratico. Se l'ex-first lady dovesse vincere questa sfida, sarebbe la prima donna a correre per la poltrona più alta degli Stati Uniti.
Come spesso accade, l'esperienza di altre realtà può portare degli spunti sui quali ragionare anche per la politica nazionale. E' il caso di Joe Lieberman, senatore del Connecticut. Liebermann era stato sconfitto alle primarie democratiche in quanto, al tempo del voto per l'intervento militare in Iraq, egli aveva votato a favore della guerra. Presentatosi come indipendente, ha poi sconfitto il candidato Democratico ultrapacifista alle elezioni di mid-term, quando a votare non erano solo i militanti dei Democratici, ma tutti i cittadini del collegio senatoriale. Occhio, quindi, a dare troppo credito alle primarie come sistema per individuare il candidato migliore. Attenzione anche a non rischiare di recidere troppo velocemente il legame con le politiche del governo che ha preceduto, l'elettorato potrebbe spaventarsi. I Democratici lo sanno bene. Infatti, sulla troppa incertezza dovuta ad una componente radicale un po' irrequieta, ci hanno perso le elezioni presidenziali due anni fa.