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Scritto da nel Letteratura e Filosofia, Numero 7 - 1 Dicembre 2006 | 0 commenti

La questione del nichilismo europeo

A Friedrich Nietzsche spetta l'inaugurazione del primo volumetto della biblioteca minima di Adelphi (2006) e, precisamente, tramite il suo celebre Frammento di Lenzerheide del 1887, che ha per titolo Il nichilismo europeo. Dal momento che la discussione (a volte il pollaio televisivo) sul nichilismo infuria, non vedo occasione più adatta di questa per sviluppare, attraverso il pensiero di Nietzsche, una breve riflessione filosofica in merito al rapporto tra moderna cultura europea e nichilismo.

Il dibattito su un'Europa che avrebbe perso i suoi valori e, conseguentemente con essi, la propria spina dorsale è argomento parecchio di moda e decisamente in continuità con la questione del nichilismo. Ma, contrariamente a quanto pretendono le posizioni conservatrici, quello che così raramente si evidenzia è il fatto che il nichilismo (europeo) non è un problema ideologico ma un evento che ha segnato e che segna la cultura occidentale. Un evento che è fenomeno, non opinione. Tale fenomeno si manifesta a partire dall'imponente sviluppo della scienza e della tecnica e, ovviamente, della conoscenza. La riflessione sul nichilismo è sorta spontanea nel cammino culturale dell'uomo europeo in seguito all'immanentizzazione di tutti i valori. Il nichilismo, in relazione ai vecchi valori, è un fatto, non una colpa imputabile ad un'ideologia o alla penna di qualche cattivo maestro. Tutt'al più sono proprio i cosiddetti cattivi maestri che, in fondo, sono divenuti tali in quanto hanno tratto quelle logiche conseguenze che i buoni maestri hanno preferito dribblare. Non si fugge dal nichilismo trasformandolo in una sorta di peccatuccio ideologico. Il nichilismo va affrontato in quanto conseguenza di ciò che l'Europa è stata e che è ancora. E di certo non si supera il nichilismo chiamando in causa, per l'ennesima volta, Dio. Dal momento che è nel seno suo che il nichilismo è cresciuto.

In Nietzsche difatti, il fenomeno (l'avvento) del nichilismo non è qualcosa di estraneo alla cultura occidentale, non è un momento di rottura. Anzi, è vero il contrario: il nichilismo nasce e cresce in grembo all'occidente e da esso è stato, per molto tempo, tenuto in incubazione. Ecco il perché dell'aggettivo «europeo»; tradizione occidentale cristiana e nichilismo sono, secondo Nietzsche, in rapporto di continuità se non addirittura sinonimi. Cristianesimo e nichilismo finiscono per coincidere poiché, secondo il filosofo tedesco, il cristianesimo, che altro non fu che il compimento della morale platonico-socratica, avanza come valore morale la veridicità e questa, in ultima istanza, nella cultura moderna, si pone contro il fondamento cristiano che la animava. Il cristianesimo termina a causa della sua stessa morale che, avendo posto la veracità come valore, lo conduce, nella modernità, a confutare se stesso tramite lo smascheramento dei propri medesimi inganni. In questo senso quindi, si sgretola anche il fondamento metafisico dell'assolutezza di ogni valore. La tensione verso la verità che si sviluppa e si compie nella storia morale dell'Europa cristiana giunge infine a negare il fondamento degli stessi valori morali che avevano originato quella tensione. Nietzsche ha visto nel nichilismo la logica conseguenza del cristianesimo.

Il fatto che il cristianesimo (ma anche la religione ebraica e il monoteismo in genere) sia e sia stato una religione morale ha condotto, da un lato, ad una secolarizzazione e immanentizzazione dei valori teologici e quindi al nulla di Dio, mentre dall'altro, ha sottratto il sacro dalla totalità vita, sacralizzando solo gli aspetti positivi dell'esistenza e circoscrivendo quindi l'esperienza del sacro alla sola sfera del bene morale. Il Dio ebraico-cristiano diventa un nulla precisamente in quanto, essendo un dio morale, non partecipa della vita in senso totale. Il suo verbo è un monito di rinuncia alla totalità dell'esistenza giacché subordina sempre, tramite la pretesa di sensatezza assoluta, ogni male al Bene. Ecco perché l'amor fati nietzscheano, amore non subordinato e non subordinante della vita in ogni suo aspetto, si propone come superamento e del cristianesimo e della condizione nichilistica.

All'interno della riflessione nietzscheana, nozioni come quella di tragico, di Übermensch, di eterno ritorno, di amor fati, di trasvalutazione dei valori e di volontà di potenza vanno esattamente intese come la via per il superamento del nichilismo e, va da sé, della obsoleta dicotomia Dio-nichilismo. Ciò che Nietzsche indica è un'umanità forte e nuova che sappia valorizzare ogni attimo dell'esistenza pur nella consapevolezza dell'assenza di orientamento teleologico e teologico di tale esistenza. Precisamente questo è il senso del pensiero nietzscheano: avanzare l'idea di un'esistenza che sappia accantonare sia Dio che il nulla, al fine di rivalutare la terra, la vita e la propria potenza.

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