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Scritto da nel Letteratura e Filosofia, Numero 5 - 1 Novembre 2006 | 0 commenti

Il Paradosso dell'Eunuco

Vorrei con questo breve articolo rinverdire una categoria di onesti lavoratori, invero ai giorni nostri, abbastanza bistrattata. Ritengo incomprensibile come l'individuo preposto nell'oriente fiabesco alla salvaguardia dell'harem, e di conseguenza partecipe dei più intimi segreti di principesse e dame velate, non abbia mai goduto del favore del pubblico. L'orecchio dell'eunuco coglieva alternativamente i più insignificanti fruscii, come le sconvolgenti confessioni di bellissime donne troppo a lungo trascurate dall'unico marito. La conoscenza intuitiva dell'universo femminile che un uomo poteva impiegare nove vite ad ottenere, era invece ad appannaggio dell'eunuco dopo pochi anni di onesto ed insostituibile lavoro…

Poteva vedere giocare nudità d'incomparabili fattezze, conosceva segreti e desideri, ma per portare a compimento le proprie fantasie era manchevole di un qualche attributo…uestQQQQQ

Questa è in sintesi la triste storia di un grande personaggio.

Nella contemporaneità, per non renderci troppo intollerabile questa mancanza, la nobile figura dell'eunuco è stata mirabilmente sostituita dal critico di professione. L'attribuzione dell'ambito status artistico ad un'opera, ad esempio, prescindendo dalle intenzioni e dall'abilità fattuale dell'autore, è prerogativa del critico. Così com'è esclusiva peculiarità di questi uomini riflessivi la pronuncia ultimativa su film, rappresentazioni teatrali, romanzi, e quant'altro è prodotto dall'umano ingegno.

Ma perché accostare in un'insolita similitudine l'eunuco al critico di professione? La risposta al quesito è molto semplice. Entrambe le “categorie professionali” possiederebbero, in linea di principio, la conoscenza teorica finalizzata alla creazione di un determinato atto: opera per il critico, copula per l'eunuco. Tuttavia queste supposte conoscenze, e i successivi giudizi, continuano a muoversi nel fantasmagorico universo delle idee platoniche, senza mai misurarsi coi successi o i fallimenti fisiologicamente inscritti nella realtà materiale. In altri termini, questi individui appartengono alla foltissima schiera di chi, saprebbe benissimo come fare meglio, ma per qualche motivo, concreto o ereditato, ne è impedito. A tal proposito, sarebbe utile ricordare, ad esempio, come Tommasi di Lampedusa non ebbe in vita la gioia di vedere pubblicato il suo capolavoro, mentre l'Invisible scultpure di Claes Oldenburg, ovvero una cavità delle dimensioni di una tomba pubblicamente scavata e subito rinchiusa in Central Park nel 1967, venne felicemente accolta dalla critica. Fortunatamente milioni di persone hanno poi letto il Gattopardo, mentre i più ignorano chi fosse Claes Oldenburg. La storia dell'arte talvolta è in grado di liquidare velocemente le masturbazioni mentali di chi la scrive.

La fiducia che il sultano riponeva nell'eunuco poteva essere cieca e totale; infatti, la fedeltà di quest'ultimo era abbondantemente garantita da immutabili leggi fisiologiche. Purtroppo, e qui s'insinua un elemento di divergenza, non si può presupporre la stessa inoffensività da parte del critico. Ritengo esistenzialmente un pessimo maestro, colui che ha il potere di sentenziare l'ultima parola, forte di una conoscenza soltanto presunta, senza che questa sia stata abbondantemente esercitata e messa in pratica in quella dura palestra ch'è la vita.

Se il presupposto essenziale dell'insegnamento è la conoscenza, sarebbe utile che i numerosi appartenenti all'albo dei critici scendessero dal mondo sidereo delle idee per imparare a sporcarsi le mani con la materia; almeno prima d'insegnare a noi, miseri consumatori, in quali teatri sederci o quali libri acquistare.

…Certo della Vostra comprensione, Illustrissimi colleghi, richiedo per i suddetti motivi di essere esentato da questa cerchia di reverendi ed illuminati pensatori…

Un critico pentito

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