Uno sguardo fugace sulla Bologna Universitaria
Risale al 7 aprile 2005 l'ordinanza comunale promossa dall'assessore al commercio Silvana Mura, la quale vietava la vendita d'asporto di bevande alcoliche, dalle ore 21, nel centro storico di Bologna. La sanzione prevista per i trasgressori ammontava da un minimo di 250 ad un massimo di 500 euro, con conseguente chiusura del pubblico esercizio da tre a quindici giorni raggiunta la seconda infrazione. A tale ordinanza, decaduta il 16 novembre del medesimo anno per poi tornare in vigore nel luglio 2006 limitatamente ad alcune vie della zona considerata maggiormente “a rischio”[1], ha fatto seguito il divieto dell'uso di dehors per alcuni locali situati nella storica via del Pratello[2]. Decisioni comunali discusse, e discutibili, accomunate da un unico nobile scopo: “Prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità dei cittadini”[3]. Ordinanze preposte, dunque, a combattere quel degrado sociale di cui Bologna sembra essere diventata negli ultimi anni una delle innumerevoli vittime.
Ma a chi, o a che cosa, è realmente imputabile la responsabilità di tale degrado? Mentre la determinazione dirigenziale di Mari si propone quale risoluzione di “criticità ambientali”, l'ordinanza Mura, voleva trovare giustificazione in un supposto “eccessivo consumo di alcolici” nelle strade del centro, con conseguente abbandono di bicchieri e lattine, riducendo così un fenomeno al quanto complesso, allo scarso senso civico attribuibile ad alcuni cittadini.
Troppo spesso poi, si è voluto trovare nei numerosi studenti che affollano Bologna, storica città universitaria, un facile capro espiatorio, tratteggiandoli come inguaribili perdigiorno, moderni parassiti che vivono alle spalle di una città nella quale producono esclusivamente rumore e sporcizia. Che gli si tolgano dunque le piazze, naturale luogo di incontro di centinaia di loro, desiderosi di raccontare e raccontarsi seduti davanti ad una lattina di birra o un bicchiere di vino, gli si tolga il dehors nel locale preferito, peccaminoso e imperdonabile focolaio di disordine. D'altra parte, però, si continui pure, a scegliere Bologna come sede universitaria, si continuino pure a pagare affitti esorbitanti per camere singole il più delle volte fatiscenti, partecipando così al benessere economico dei bolognesi, ma lo si faccia in silenzio, senza disturbare, nel rispetto delle regole di chi vuole eliminare un degrado sociale divenuto ormai insostenibile.
Vi è una domanda tuttavia che gira ricorrente fra le strade del centro: basterà davvero così poco, basterà trattenere qualche studente in più nella propria casa, per risanare il centro di una città occupata da anni in problemi quali la lotta allo spaccio e alla micro delinquenza? A voi la risposta.
Da parte nostra, di studenti o ormai dottori, non possiamo che augurarci che tutto si concluda con un brindisi, magari in un locale al Pratello.
[1] P.G. 155236 e 155257 del 5 luglio 2006.
[2] P.G. 161999 del 13 luglio 2006 promossa da Andrea Mari in qualità di Direttore del Settore Economia e Attività turistiche del Comune di Bologna.
[3] Dichiarazione di Silvana Mura ai tempi dell'ordinanza suddetta.