Stiglitz e L'Arengo
Mercoledì primo novembre allo Union Theatre di Madison (WI-USA), ha avuto luogo la Selected Lecture del Premio Nobel per l' Economia 2001, Senior Vice President e Chief Economist per la Banca Mondiale ed attuale Professore alla Columbia University Joseph Stiglitz, che ha gentilmente accettato l'invito dell'Universita' del Wisconsin-Madison. Il Professore Stiglitz ha presentato il suo libro 'Making Globalization Work', che, come il titolo stesso suggerisce, sottintende che la globalizzazione non sta funzionando o, per lo meno, non sta producendo esattamente i risultati predetti dalla teoria economica. Il problema fondamentale e' che la teoria economica definisce la globalizzazione benefica nel momento in cui colui che si e' arricchito sia in grado di compensare colui che si e' impoverito, ma non richiede che in realta' la compensazione avvenga. In un contesto di globalizzazione e' indubbiamente piu' difficile rispondere a questioni etiche. Utilizzando un'espressione del Nobel per l'Economia, 'fair concerns stop at the borders'.
Tra i vari temi trattati nel suo libro, 'global warming' e' forse una delle tematiche che piu' interessa perche' riguarda tutti noi. Il Professore Stiglitz ha proposto, con semplici parole rivolte ad una platea di non soli economisti, di far acquistare il diritto ad inquinare, in altre parole,di concepire la questione del 'global warming' come un tipico fenomeno di esternalità negativa (ai lettori attenti dell'Arengo non sfuggirà come la stessa proposta è stata avanzata da Stefano Clò nello scorso numero[1]) .
Andiamo con ordine. Il Professore ha spiegato come il primo passo sia quello di creare un meccanismo di incentivo per impedire a Paesi come gli Stati Uniti che si rifiutano di implementare riduzioni di emissioni, di creare danno al resto del mondo. Vi è una semplice soluzione: gli altri Paesi dovrebbero proibire le importazioni dei prodotti americani la cui produzione è basata su una tecnologia ad alto consumo di energia. In fondo, se si possono giustificare le restrizioni di importazioni di gamberetti per proteggere le tartarughe (come fecero gli USA nei confronti nei gamberetti Thai), sicuramente è lecito restringere l'importazione di beni la cui produzione contribuisce all'inquinamento dell'atmosfera. Un tale forte meccanismo internazionale in luogo sarebbe benvoluto date le frequenti critiche sulla mancanza di incentivi del Trattato di Kyoto.
Vi è però un secondo problema: dato che il Trattato è basato sui livelli di emissioni del 1990, i Paesi in via di sviluppo chiedono perché i paesi sviluppati dovrebbero avere il diritto di inquinare di più solo perché hanno inquinato più in passato? In effetti, dato il livello di povertà e i costi associati alle riduzioni di emissioni si potrebbe pensare invece di dare loro maggiore flessibilità. In breve, richiedere che ciascuno paghi il costo sociale delle proprie emissioni e che la tassa sia fissata in modo che le riduzioni di emissioni siano compatibili con i livelli target richiesti, in un'espressione, contrastare il cambiamento climatico come esternalità negativa.
Utilizzando le parole del Premio Nobel “…We know what needs to be done. We have the tools at hand. We only need the political resolve.”. L'augurio e' che la Banca Mondiale e il FMI siano sempre piu' sensibili a tali tematiche (e probabilmente si stanno muovendo in tale direzione: nel Report Equity and Development della Banca Mondiale del 2006 e' stata riconosciuta per la prima volta (date le mie conoscenze, almeno) l'idea che equita' ed efficienza non sempre e necessariamente costituiscono un trade-off:
http://siteresources.worldbank.org/INTWDR2006/Resources/477383-1127230817535/082136412X.pdf.
In ultimo una buona politica e' una questione di incentivi opportunatamente indirizzati.
[1] Contrastare il cambiamento climatico: un problema di esternalità di Stefano Clò, L'Arengo del Viaggiatore, n.5.